"Sacrosanctum Concilium". Mons Parolin: custodire la verità e l'autenticità della
liturgia
“La liturgia custodisce e apre la porta della grazia e va, dunque, a sua volta, coltivata
e custodita nella sua verità”. Lo ha affermato il segretario di Stato, l’arcivescovo
Pietro Parolin, all’omelia della Messa da lui presieduta ieri mattina nella Basilica
di San Pietro. Occasione della cerimonia, il Convegno in corso alla Lateranense dedicato
alla Sacrosanctum Concilium, la Costituzione del Vaticano II dalla quale, nel
1963, scaturì un profondo rinnovamento della liturgia ecclesiale. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
Una “tenda”
al cui riparo Dio e l’uomo si incontrano. Un “canale sempre aperto” che dal cielo
porta lo Spirito Santo sulla terra. Da duemila anni, il pensiero cristiano ha trovato
molte espressioni per descrivere l’importanza della liturgia eucaristica. E da 51
anni, la Sacrosanctum Concilium veglia e sorveglia su quel complesso di segni
e di gesti che ha il compito di comunicare la divinità all’umanità. Mons. Parolin
lo ha sottolineato all’inizio dell’omelia, citando un passaggio del documento:
“La
Costituzione conciliare così descrive la liturgia: il culmine verso cui tende l’azione
della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua virtù. Questa affermazione
si comprende pienamente alla luce di quanto poco prima viene detto al riguardo della
vera natura della liturgia, definita come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo”.
La
liturgia, ha proseguito mons. Parolin, permette la santificazione dell’uomo attraverso
dei “segni sensibili”, tutti improntati a “sobrietà”, e la realizza all’interno di
“un tempo e uno spazio nuovi”, che prefigurano ciò che sarà nella vita della redenzione.
“Sempre ci stupisce – ha affermato mons. Parolin – la sproporzione tra la semplicità
dei segni e la portata sovrumana degli effetti. La vita trinitaria – ha osservato
– ci è offerta nell’acqua del Battesimo; Dio ci offre se stesso in cibo nell’Eucaristia;
il suo perdono ci raggiunge attraverso il gesto e le parole di un sacerdote”:
“Si
direbbe quasi che il Signore ci voglia incontrare e risanare e rinnovare in un contesto
di disarmante normalità, che ci voglia raggiungere e trasformare nella ferialità della
nostra esistenza, nello stesso modo in cui scelse i dodici, chiamandoli dalle loro
occupazioni quotidiane e proiettandoli verso l’orizzonte della sequela e della missione”.
Un esempio è contenuto nel Vangelo odierno, in cui Cristo guarisce un
cieco ponendogli della saliva sugli occhi e imponendogli le mani. “Gesù – ha commentato
il segretario di Stato – rifugge dallo spettacolare, perché il bene compiuto possiede
un suo inarrestabile dinamismo interno di crescita e di diffusione”:
“Tale
dinamismo, tanto potente e costante quanto delicato e silenzioso, si può percepire
unicamente se l’intelligenza e il cuore non temono di aprirsi al dono della fede e
all’azione dello Spirito Santo, il quale si serve della linfa della preghiera e del
veicolo della liturgia”.
Augurando un proficuo lavoro ai convegnisti impegnati
in questi giorni alla Laternanense, mons. Parolin ha consluso:
“Il mistero
della vita di Cristo si attualizza nella vita della Chiesa con l’azione dello Spirito
ed è la liturgia il canale principale, sempre aperto, in cui scorre l’acqua pura che
promana dal mistero pasquale di Cristo. La liturgia custodisce ed apre la porta della
grazia e va, dunque, a sua volta, coltivata e custodita nella sua verità e nella sua
autentica finalità”.