Gli operai della Irisbus scrivono al Papa. Da luglio 2011 in cassa integrazione
Hanno scritto anche al Papa per sensibilizzarlo sulle loro condizioni gli operai della
Irisbus, in cassa integrazione da luglio 2011. Una crisi che ha messo in ginocchio
un’intera provincia, quella di Avellino, e che, almeno per il momento non vede una
luce in fondo al tunnel. Alessandro Guarasci
Era
uno stabilimento all’avanguardia quello di Valle Ufita, in provincia di Avellino,
dove la Irisbus produceva pullman. Poi causa la crisi, la Iveco, titolare dell’azienda,
si è disimpegnata e ha spostato la produzione in Francia. La branca italiana del colosso
cinese King Long sarebbe interessata a rilevare la produzione nell'avellinese, ma
la trattativa ancora non ha dato frutti. Infatti, nemmeno al ministero dello Sviluppo
Economico ci sanno dire quando il tavolo sarà chiuso. Fatto sta che un’intera provincia
è in crisi. Mario Melchionna, segretario della Cisl Sannio-Irpinia
“La chiusura
sta a significare che l’area dove insiste la Irisbus ormai è ridotta quasi ad un deserto,
non c’è più niente, e tutte le aziende sono state costrette a chiudere, soprattutto
quelle dell’indotto, che lavoravano direttamente o indirettamente per Irisbus, essendo
venute a mancare le commesse. C’è stata, quindi, veramente una ricaduta negativa sullo
sviluppo e l’occupazione impressionante”.
Trecento i lavoratori che da
più di due anni sono in cassa integrazione a 700 euro al mese. Così è difficile portare
avanti una famiglia, come dice l’operaio Domenico Delle Grazie
“Dobbiamo
privarci di tante cose, altrimenti non si riesce ad arrivare alla fine del mese. Se
qualche volta vuoi uscire a mangiare una pizza, non ci puoi più andare. Se qualche
volta vuoi portare tuo figlio in piscina o in palestra, non lo puoi più portare”.
Il
lavoro e il rilancio industriale dell’Italia saranno la vera urgenza del governo Renzi