Bologna. Il prof. Dalla Torre: matrimonio si sgretola, la Chiesa continua a custodirlo
Dal libro di Rut allo Sposalizio della Vergine di Raffaello, dal Concilio di Trento
ai teologi medioevali, fino al moderno diritto civile. E’ un viaggio nella storia
per riflettere sul matrimonio tra diritto e legge quello presentato martedì mattina
a Bologna dal prof. Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale dello Stato
della Città del Vaticano e rettore della Libera Università Maria Assunta in Roma (Lumsa).
Luca Tentori lo ha sentito a margine della prolusione che ha tenuto per l’apertura
dell’Anno giudiziario del locale tribunale ecclesiastico:
“Non do giudizi
morali, ma da giurista vengo a osservare che siamo dinanzi a un mutamento radicale
dell’istituto. Potrebbe darsi che in un futuro il matrimonio rimanga soltanto quello
custodito dalla Chiesa e dalle altre comunità religiose”.
E’ la convinzione
del prof. Giuseppe Dalla Torre,presidente del Tribunale della Città
del Vaticano, intervenuto questa mattina nel capoluogo emiliano di fronte al personale
del Tribunale ecclesiastico Flaminio e al suo moderatore, il cardinale Carlo Caffarra.
Una rilettura della storia del diritto matrimoniale che ha portato a un’analisi del
presente, a come stia cambiando il matrimonio introdotto e garantito dalle leggi civili:
“Due
secoli fa, lo Stato ha creato il suo matrimonio quasi in contraltare al matrimonio
canonico. Dopo due secoli, debbo constatare che questo istituto si va scolorando,
cioè sta perdendo i caratteri non solo originari del matrimonio civile, ma originari
del matrimonio in tutte le culture e in tutta la storia umana. Potrebbe domani verificarsi
il caso che sotto l’etichetta matrimonio passino i rapporti più diversi”.
Punti
nodali nella riflessione ecclesiale il Concilio di Trento, grande legislatore del
matrimonio, e il Vaticano II con la Gaudium et spes. Ma anche la teologia e
l’arte hanno parlato di questo in due millenni di cultura cristiana. Una ricchezza
che oggi sembra essere andata perduta: “Una cultura che tende a
mettere in evidenza il rapporto piuttosto che l’atto, mentre la concezione canonistica
di sempre è che è l’atto che costituisce il matrimonio, e nell’atto c’è tutto il vissuto
che verrà. Io vedo questo fenomeno con preoccupazione, perché porta a una precarietà
delle situazioni, a una incertezza degli status, a una non-garanzia.
Teniamo conto che l’accordo, il patto, il contratto matrimoniale tra un uomo e una
donna, che è un atto pubblico, è tale perché da quel rapporto scaturiscono non solo
diritti e doveri reciproci nei confronti delle due persone - non solo diritti e doveri,
soprattutto, nei confronti degli ascendenti e discendenti - ma anche nei confronti
della società. E quindi, la società ha interesse a che l’istituzione nasca, siano
chiare le responsabilità e siano chiari i diritti e i doveri di quelli che fanno parte
di questo gruppo”.