2014-02-18 13:09:45

450 anni fa moriva Michelangelo. Paolucci: costante in lui il tema del rapporto madre-figlio


Artista a tutto tondo e uomo di grande passione nel lavoro e nell’amicizia. Il 18 febbraio del 1564, 450 anni fa, moriva a Roma Michelangelo Buonarroti. Nato nel 1475 a Caprese, vicino ad Arezzo, è stato un uomo dalla personalità complessa, uomo di fede dalle mille sfaccettature artistiche: scultore, pittore, architetto e poeta, protagonista del Rinascimento italiano. Debora Donnini ha chiesto ad Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e uno dei massimi esperti di Michelangelo, quale opera del Genio rinascimentale lo colpisca di più:RealAudioMP3

R. – L’opera di Michelangelo che mi colpisce di più, anche perché legata alle ultime ore della sua vita, è la Pietà Rondanini che si trova nel Museo del Castello Sforzesco, a Milano. Quando Michelangelo muore - il 18 febbraio 1564 - le ultime ore di vita cosciente, prima di ammalarsi, entrare in coma e morire, le dedica a quella scultura. Lo racconta il suo allievo Daniele da Volterra: Michelangelo passò l’ultima notte – vigilia della domenica di Carnevale, mentre tutta Roma faceva festa – solo, nella sua casa-studio di Macel de’ Corvi, pensando e lavorando intorno a quella scultura. Questo ci fa capire tutto su Michelangelo: la sua idea dell’arte come duello, quasi come un corpo a corpo con l’idea e la sua capacità di sperimentazione, di continua meditazione sui problemi artistici.

D. – Le tre Pietà – dalla Pietà di San Pietro, a quella di Firenze, alla Pietà Rondanini – testimoniano in qualche modo il rapporto tra la madre e il figlio: questo abbraccio rappresentato in modo diverso ma sempre molto toccante da Michelangelo. Secondo lei, qual è il significato religioso di quest’opera per Michelangelo?

R. – Si può dire che è il problema che ha ossessionato Michelangelo, fin dalla giovinezza. La Pietà di San Pietro è datata al 1499, Michelangelo è un ragazzo di appena 24 anni. La Pietà di Firenze è degli anni della piena maturità, Michelangelo ha più di 50 anni quando scolpisce, e infine negli ultimi anni della vita la Pietà Rondanini. Il tema è sempre quello: il figlio morto e la madre che lo abbraccia, lo sostiene e quasi se ne riappropria. Il tema è, in un certo senso, quello del figlio che rientra nel grembo che lo ha generato. E’ un tema grande e terribile, che è opera di un uomo che non ha mai avuto una famiglia e tuttavia il rapporto con la madre era di un’intensità profonda e straordinaria. Questo è stato il tema costante della sua arte, il tema del rapporto del figlio con la madre.

D. – Michelangelo è stato centrale per Roma…

R. – Quando Michelangelo muore aveva lasciato molte cose a Roma: gli affreschi della Cappella Sistina – una parte li aveva dipinti quando ancora era un giovane uomo di circa 35 anni – la Volta, inaugurata al tempo di Giulio II della Rovere, e poi ormai in età avanzata – aveva tra i 60 ed i 65 anni – aveva dipinto il Giudizio Universale sempre nella Cappella Sistina. Regnando Papa Paolo III Farnese, nella sua lunga vita aveva fatto in tempo a vedere, impostata fino al tamburo, la Cupola di San Pietro da lui concepita, capolavoro di progettazione architettonica. Morì senza vederla conclusa: furono Giacomo della Porta e Domenico Fontana a terminarla parecchi anni dopo. Tante grandi cose di Roma le ha ideate Michelangelo, sono opera sua: la Cappella Sistina, la Cupola di San Pietro, la Piazza del Campidoglio…

D. – A 450 anni alla morte di Michelangelo, la Cappella Sistina rimane uno dei capolavori più visitati al mondo. Qual è l’aspetto che secondo lei rappresenta meglio proprio lo spirito religioso di Michelangelo, che ha avuto una vita irrequieta ma anche una vita di fede?

R. – Certamente sì. La Cappella Sistina per i cinque milioni e mezzo di persone che ogni anno la visitano, gente di ogni cultura, è un’attrazione formidabile di tipo spirituale. Intanto, chi entra capisce che quello è in un certo senso il luogo identitario della Chiesa cattolica, perché qui viene eletto il Papa, qui si celebrano le grandi liturgie. Poi, guardandosi intorno, si capisce che quegli affreschi – non solo quelli di Michelangelo ma anche quelli di Botticelli, del Ghirlandaio, del Perugino che si trovano sulle pareti – tutti insieme, quei duemila e passa metri quadrati di grande pittura rinascimentale fanno il catechismo in figura più completo e più affascinante che mai sia stato messo in figura.







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