2014-02-15 15:46:56

Italia, crisi: giornata di consultazioni. Diotallevi: serve vero premier, non direttore del traffico


Mattinata di consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo. Non partecipano per protesta né la Lega né il Movimento 5 stelle, che sta manifestando in piazza a Roma contro il capo dello Stato. Si entra nel vivo questo pomeriggio con il Nuovo centro destra, l’Udc, Forza Italia guidata da Berlusconi, e intorno alle 19 con la delegazione del Pd, senza però il segretario Renzi, che intanto ragiona sui nomi di una eventuale squadra e sul programma. ”Chiunque governerà deve porsi la priorità del lavoro”, commenta il presidente dei vescovi italiani il cardinale Angelo Bagnasco. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

Tempi rapidi per la nascita del primo governo Renzi, che potrebbe ricevere già stasera l'incarico, con riserva, da parte del capo dello Stato per formare la sua squadra. Avviati già i contatti da Firenze, mentre circolano nomi come Alessandro Baricco, Andrea Orlando, Andrea Guerra. Ma la maggioranza è tuttaltro che chiara: nel pomeriggio, dal Quirinale la posizione ufficiale dei grandi partiti, mentre stamani si sono tirati fuori Sel e Fratelli d’Italia. "Ci vuole stabilità ma c'è soprattutto bisogno che il governo provveda rapidamente al lavoro", ha ribadito il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. La gente, ha detto, “è in grande sofferenza”. Dunque, sull’economia si giocherà il futuro del nuovo governo? Ne abbiamo parlato col sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico delle Settimane Sociali:

R. – Noi stiamo tentando faticosamente di uscire da una condizione nella quale il voto dei cittadini non conta. In questo senso, l’ingresso a Palazzo Chigi di Renzi sicuramente è una notizia positiva, perché ha certamente una legittimazione popolare carente ma molto superiore a quella di Letta e di Monti. Però, il cammino non è concluso: il cammino è molto difficile. Per questa ragione, la priorità di Renzi è senz’altro portare a termine la riforma della legge elettorale e non sarà semplice, perché tutti coloro che stanno in parlamento hanno da temere, in quanto ci sono frutti di accordi e regole che quella legge spazzerebbe via. Solo se noi rimettiamo il manico del coltello in mano ai cittadini avrà poi senso parlare di lavoro, di scuola, di famiglia. Perché senza una legge elettorale che consenta a qualcuno di governare effettivamente, parlare di programmi è un diversivo.

D. – Il livello di crescita del Paese, di situazione economica, dopo due anni – anche Moody’s lo ha detto – sta migliorando e qualche dato positivo sul pil si raccoglie. Forse, qualche flebile segnale, in un momento però molto delicato. Questo passaggio a livello economico-sociale che cosa potrebbe significare?

R. – Purtroppo, non significa nulla, perché il nostro Paese è sceso molto più degli altri e adesso che a livello globale la crisi sta invertendo il proprio corso, noi cresciamo molto meno di altri. Quindi, purtroppo non significa molto. Significa, come diceva Squinzi, il presidente di Confindustria, che se la politica facesse il suo mestiere il resto del Paese potrebbe tirar fuori quel poco di energie che gli sono rimaste.

D. – Per fare meglio, per fare in fretta, che tipo di squadra serve? Una squadra ampia, una squadra rappresentativa…

R. – Più il governo sarà composto di pochi ministri, più capiremo che è il presidente del Consiglio che incomincia a sembrare – come in tutti gli altri Paesi – un pochino più un premier che non un direttore del traffico.

D. – E sugli appoggi al nuovo governo? Berlusconi ha detto “buon lavoro”, ma ha annunciato che che non farà sconti. Grillo snobba completamente queste consultazioni. Cosa si prospetta?

R. – Credo che il rischio di Renzi sia non poter rimettere insieme la maggioranza di Letta, perché penso che il Nuovo centrodestra e tutti i centristi si rendano conto che collaborare con Renzi significa firmare un assegno in bianco agli elettori e quindi condannare se stessi a ritornare – giustamente, avendo pochi voti – nell’ombra. Quindi, io non darei per scontata l’adesione di questi partiti, anche se hanno poche alternative.

D. – Rimane il fatto che di questo passaggio e di quanto sta accadendo, molta dell’opinione pubblica, molta della gente, abbia chiaro ben poco…

R. – No, non credo. Non credo perché Monti, Napolitano, Letta appartengono al vecchio establishment. Renzi è percepito dall’opinione pubblica come una persona – come era Berlusconi – imposta dal consenso di cui è capace. Qui, il problema non è che Renzi venga da fuori: anzi, questo è ciò che la gente apprezza perché dalla “casta”, da coloro che stanno dentro, non ci si può attendere riforme.

D. – In tutto questo, le forze cosiddette cattoliche all’interno della politica come si stanno muovendo? Cosa pensano, cosa si augurano?

R. – Penso che innanzitutto gran parte del mondo cattolico organizzato debba fare un bel mea culpa su Todi: coloro che vollero Todi oggi sanno, dopo quello che Prodi e De Benedetti hanno ammesso, che loro credevano di riportare sulla scena il mondo cattolico, in realtà offrivano a Passera, Monti, a questi personaggi, una copertura sul lato ecclesiastico. Un’altra parte del mondo cattolico, quella che per esempio che con le Settimane Sociali ha concepito l’Agenda di Reggio Calabria e poi quella di Torino, oggi sa che la propria analisi istituzionale e politica è corretta. Naturalmente, le cose non basta scriverle. Diciamo: vedremo se l’intelligenza del mondo cattolico, che è limpidissima, sarà accompagnata dalla forza, dalla generosità che invece l’agire politico richiede, e che è un’altra cosa.








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