Italia, crisi: giornata di consultazioni. Diotallevi: serve vero premier, non direttore
del traffico
Mattinata di consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo. Non partecipano
per protesta né la Lega né il Movimento 5 stelle, che sta manifestando in piazza a
Roma contro il capo dello Stato. Si entra nel vivo questo pomeriggio con il Nuovo
centro destra, l’Udc, Forza Italia guidata da Berlusconi, e intorno alle 19 con la
delegazione del Pd, senza però il segretario Renzi, che intanto ragiona sui nomi di
una eventuale squadra e sul programma. ”Chiunque governerà deve porsi la priorità
del lavoro”, commenta il presidente dei vescovi italiani il cardinale Angelo Bagnasco.
Il servizio di Gabriella Ceraso:
Tempi rapidi
per la nascita del primo governo Renzi, che potrebbe ricevere già stasera l'incarico,
con riserva, da parte del capo dello Stato per formare la sua squadra. Avviati già
i contatti da Firenze, mentre circolano nomi come Alessandro Baricco, Andrea Orlando,
Andrea Guerra. Ma la maggioranza è tuttaltro che chiara: nel pomeriggio, dal Quirinale
la posizione ufficiale dei grandi partiti, mentre stamani si sono tirati fuori Sel
e Fratelli d’Italia. "Ci vuole stabilità ma c'è soprattutto bisogno che il governo
provveda rapidamente al lavoro", ha ribadito il presidente della Cei, il cardinale
Angelo Bagnasco. La gente, ha detto, “è in grande sofferenza”. Dunque, sull’economia
si giocherà il futuro del nuovo governo? Ne abbiamo parlato col sociologo Luca
Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico delle Settimane Sociali:
R.
– Noi stiamo tentando faticosamente di uscire da una condizione nella quale il voto
dei cittadini non conta. In questo senso, l’ingresso a Palazzo Chigi di Renzi sicuramente
è una notizia positiva, perché ha certamente una legittimazione popolare carente ma
molto superiore a quella di Letta e di Monti. Però, il cammino non è concluso: il
cammino è molto difficile. Per questa ragione, la priorità di Renzi è senz’altro portare
a termine la riforma della legge elettorale e non sarà semplice, perché tutti coloro
che stanno in parlamento hanno da temere, in quanto ci sono frutti di accordi e regole
che quella legge spazzerebbe via. Solo se noi rimettiamo il manico del coltello in
mano ai cittadini avrà poi senso parlare di lavoro, di scuola, di famiglia. Perché
senza una legge elettorale che consenta a qualcuno di governare effettivamente, parlare
di programmi è un diversivo.
D. – Il livello di crescita del Paese, di situazione
economica, dopo due anni – anche Moody’s lo ha detto – sta migliorando e qualche dato
positivo sul pil si raccoglie. Forse, qualche flebile segnale, in un momento però
molto delicato. Questo passaggio a livello economico-sociale che cosa potrebbe significare?
R. – Purtroppo, non significa nulla, perché il nostro Paese è sceso molto
più degli altri e adesso che a livello globale la crisi sta invertendo il proprio
corso, noi cresciamo molto meno di altri. Quindi, purtroppo non significa molto. Significa,
come diceva Squinzi, il presidente di Confindustria, che se la politica facesse il
suo mestiere il resto del Paese potrebbe tirar fuori quel poco di energie che gli
sono rimaste.
D. – Per fare meglio, per fare in fretta, che tipo di squadra
serve? Una squadra ampia, una squadra rappresentativa…
R. – Più il governo
sarà composto di pochi ministri, più capiremo che è il presidente del Consiglio che
incomincia a sembrare – come in tutti gli altri Paesi – un pochino più un premier
che non un direttore del traffico.
D. – E sugli appoggi al nuovo governo? Berlusconi
ha detto “buon lavoro”, ma ha annunciato che che non farà sconti. Grillo snobba completamente
queste consultazioni. Cosa si prospetta?
R. – Credo che il rischio di Renzi
sia non poter rimettere insieme la maggioranza di Letta, perché penso che il Nuovo
centrodestra e tutti i centristi si rendano conto che collaborare con Renzi significa
firmare un assegno in bianco agli elettori e quindi condannare se stessi a ritornare
– giustamente, avendo pochi voti – nell’ombra. Quindi, io non darei per scontata l’adesione
di questi partiti, anche se hanno poche alternative.
D. – Rimane il fatto che
di questo passaggio e di quanto sta accadendo, molta dell’opinione pubblica, molta
della gente, abbia chiaro ben poco…
R. – No, non credo. Non credo perché Monti,
Napolitano, Letta appartengono al vecchio establishment. Renzi è percepito
dall’opinione pubblica come una persona – come era Berlusconi – imposta dal consenso
di cui è capace. Qui, il problema non è che Renzi venga da fuori: anzi, questo è ciò
che la gente apprezza perché dalla “casta”, da coloro che stanno dentro, non ci si
può attendere riforme.
D. – In tutto questo, le forze cosiddette cattoliche
all’interno della politica come si stanno muovendo? Cosa pensano, cosa si augurano?
R.
– Penso che innanzitutto gran parte del mondo cattolico organizzato debba fare un
bel mea culpa su Todi: coloro che vollero Todi oggi sanno, dopo quello che
Prodi e De Benedetti hanno ammesso, che loro credevano di riportare sulla scena il
mondo cattolico, in realtà offrivano a Passera, Monti, a questi personaggi, una copertura
sul lato ecclesiastico. Un’altra parte del mondo cattolico, quella che per esempio
che con le Settimane Sociali ha concepito l’Agenda di Reggio Calabria e poi quella
di Torino, oggi sa che la propria analisi istituzionale e politica è corretta. Naturalmente,
le cose non basta scriverle. Diciamo: vedremo se l’intelligenza del mondo cattolico,
che è limpidissima, sarà accompagnata dalla forza, dalla generosità che invece l’agire
politico richiede, e che è un’altra cosa.