2014-02-13 14:42:54

Il dramma dei profughi al centro del colloquio del Papa con due fratelli argentini a Santa Marta


Mercoledì pomeriggio Papa Francesco ha ricevuto a Santa Marta due fratelli argentini, Carlos e Rodolfo Luna, fuggiti in Svezia nel 1970 come rifugiati politici. Un incontro molto cordiale durato un’ora in cui si è parlato in modo particolare della drammatica situazione dei profughi nel mondo. Il servizio di Sergio Centofanti:

Il mondo deve essere più solidale con i profughi: è quanto ha affermato Papa Francesco durante l’incontro con i due fratelli Carlos e Rodolfo Luna, fuggiti dall’Argentina durante la dittatura. Il Papa ha lodato l’accoglienza della Svezia che ha aperto le frontiere agli immigrati integrandoli nella propria società.

I rifugiati oggi – ha proseguito – sono come una ‘parolaccia’: ce ne sono tanti, ma nessuno li vuole. Ci sono Paesi che chiudono le frontiere,e questo non va bene. Eppure anche Gesù è stato un rifugiato.

Il Papa risponde anche ad una domanda sui tanti immigrati che arrivano a Lampedusa e sul ruolo della comunità internazionale: la globalizzazione dell’indifferenza – ha detto - ci porta a dire “Ci sono tanti rifugiati. Che ci pensino loro a Lampedusa!”. E a Lampedusa il popolo ha sentito la necessità di accoglierli. E accolgono. Il popolo di Lampedusa, insieme al sindaco che è una donna forte e coraggiosa, - ha affermato - ha capito che la sua missione è accogliere.

Di seguito pubblichiamo una sintesi ampia del colloquio del Papa con i due fratelli argentini, curata da Maria Fernanda Bernasconi:

Il colloquio inizia con dei ricordi personali del Papa che ha conosciuto la moglie di uno dei due fratelli, ora morta. All’epoca, Jorge Mario Bergoglio lavorava in un laboratorio chimico con la madre di questa donna, Eshter - cioè la suocera di uno dei due fratelli argentini - che era stata anche il suo capo, “alquanto severo” – dice – e alla quale il Pontefice è rimasto molto affezionato. Il Papa ricorda di aver nascosto nel Collegio Massimo di Buenos Aires tutta la loro biblioteca, nel periodo in cui erano sotto sorveglianza da parte della dittatura.

Poi ha ricordato l’amicizia con un pastore luterano, Anders Gutt, grande uomo, con il quale ha condiviso a Buenos Aires la cattedra di Teologia spirituale. “Eravamo un gesuita e un luterano – dice – e ci capivamo molto bene”. Il pastore Gutt insegnava la spiritualità della riforma e padre Bergoglio la spiritualità cattolica. Gutt è ormai deceduto e ha un figlio che vive a Copenaghen e un altro che risiede in Francia.

Parlando dell’esperienza dei due fratelli argentini e della situazione di tanti immigrati, il Papa ringrazia la Svezia per essere un Paese molto solidale:

“¡Qué lindo encontrar un pueblo con un corazón así!...
Che bello trovare un popolo con un cuore così! E la Svezia ha avuto grandi santi: Santa Brigida e anche tra i luterani… Grandi uomini e donne luterani!”.

I fratelli Luna domandano cosa possono fare loro, che sono delle persone semplici, perché in quest’epoca bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare insieme per un mondo migliore. Il Papa risponde:

“Tenemos tantos refugiados pero nadie los quiere. Son ‘mala palabra’…
Abbiamo tanti rifugiati, ma nessuno li vuole. Oggi sono una ‘parolaccia’. Forse il messaggio è che la salvezza di un popolo sta nell’essere fratelli di quelli che stanno patendo l’esilio dalla loro patria. Perché Dio benedice questo. Questo è essere fratelli! E noi, nella nostra fede cristiana, sappiamo bene che anche Gesù è stato un rifugiato quando volevano ucciderlo da bambino… E’ uno dei primi messaggi dei Vangeli. Gesù un rifugiato. Non un turista. Non è fuggito per motivi di lavoro. E’ fuggito dalla morte. Come un rifugiato”.

Il Papa ricorda che ci sono Paesi che chiudono le frontiere e che questo non va bene. I due fratelli gli parlano del sistema di accoglienza della Svezia. “Voi avete questa tradizione”, dice il Papa: “La Svezia apre le frontiere, organizza corsi linguistici” riservati ai migranti, “li aiuta economicamente, li guida ad inserirsi nella società. Non hanno rinchiuso nessuno in una sorta di ‘campo di concentramento’ e in luoghi orribili simili. Questo è un esempio che possiamo presentare al mondo”. Il Papa sottolinea che è proprio questo il messaggio che deve passare:

“Ese es el mensaje. Abren el corazón al hermano ….
Questo è il messaggio che la Svezia dà. Gli svedesi aprono il loro cuore al fratello, alla sorella, che non hanno dove vivere, dove lavorare, dove dormire tranquilli”.

Ad una domanda sugli immigrati che arrivano a Lampedusa e sulle reazioni della comunità internazionale, il Papa risponde:

“Globalización de la indiferencia…
La globalizzazione dell’indifferenza ci porta a dire: ‘Arrivano i rifugiati. Che ci pensino loro!’. A Lampedusa il popolo ha sentito la necessità di accoglierli. E accolgono! Il popolo di Lampedusa - insieme al sindaco, che è una donna, una donna forte, coraggiosa - ha capito che la sua missione è accogliere”.

E poi il Papa aggiunge che a Lampedusa si sta lavorando bene, anche se non c’è posto per accogliere tutti i migranti che sbarcano sull’isola.

Per quanto riguarda altri Paesi dell’Europa, invece il Papa dice che spesso i rifugiati non sono accolti bene e rischiano di finire per strada, a rubare o a prostituirsi. Ricorda il lavoro dei Gesuiti, con l’intuizione di padre Arrupe di fondare il Centro Astalli per i rifugiati, ma dice che tutto questo non è sufficiente, è una piccola goccia nell’oceano. Cita poi il convegno promosso a dicembre dall’Accademia Pontificia delle Scienze sul tema del lavoro schiavo, affermando che prossimamente ne farà un altro sulle organizzazioni del lavoro. Ribadisce quindi che bisogna ricostruire la coscienza dell’uomo, contro la globalizzazione dell’indifferenza.

Parlando, infine, dei quattro milioni di immigrati in Argentina, tra i quali i paraguaiani e i boliviani sono la maggioranza, il Papa si riferisce in particolare al ruolo delle donne paraguaiane:

“A mi juicio la mujer paraguaya es la mujer más heroica de América …
Secondo me la donna paraguaiana è la più eroica dell’America. Dopo la guerra, su dieci persone, otto erano donne. E queste donne scelsero di avere figli, per salvare la patria, la lingua, la cultura e la fede. Io desidererei che un giorno il Comitato del Premio Nobel desse il Premio alla donna paraguaiana. Per avere salvato la cultura, la patria… E’ stata eroica!”.


Ultimo aggiornamento: 14 febbraio







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