Svizzera: preoccupazione delle Chiese per l’esito del referendum contro l’immigrazione
di massa
Delusione e preoccupazione. E’ questa la comune reazione delle Chiese cristiane svizzere
all’esito del referendum contro l’immigrazione di massa” che con una maggioranza appena
superiore al 50%, lunedì ha chiesto la reintroduzione di tetti massimi e contingenti
per l’immigrazione di stranieri. Per il presidente della Commissione Giustizia e Pace
della Conferenza episcopale svizzera (Ces), Thomas Wallimann-Sasaki, i risultati della
consultazione proposta dal partito populista Udc, sono “l’espressione di un sentimento
di paura che purtroppo distrugge il senso di solidarietà”. “La visione cristiana –
afferma in un’intervista all'agenzia Sir - ci dice che non c’è lo straniero. Che siamo
tutti fratelli e sorelle. Potrebbe risultare un linguaggio vecchio. Significa però
che c’è una sfida a cui rispondere: non chiudersi in se stessi ma condividere le ricchezze
e i problemi con gli altri. I risultati di questo referendum – aggiunge Wallimann-Sasaki
- ci chiede il coraggio di una solidarietà, soprattutto verso gli svantaggiati e i
poveri. Ci dice di non aver paura”. Grande il disappunto anche della Federazione
delle Chiese protestanti svizzere (Feps) che ha espresso l’auspicio che almeno l’applicazione
del testo avvenga nel rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, in
particolare per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari. Sull’esito del referendum
svizzero si è pronunciato anche il Consiglio Ecumenico delle Chiese (Wcc) che ha messo
in guardia anche sugli “effetti indesiderati” di questo giro di vite contro l’immigrazione
sull’economia del Paese. “Sosteniamo l’appello dei nostri membri in Svizzera, perché
il Paese continui ad essere una terra di accoglienza”, ha dichiarato il segretario
generale del Wcc Olav Fykse Tveit, ricordando che la stessa Wcc, che ha sede a Ginevra,
si avvale della collaborazione di tanti stranieri. (L.Z.)