Siria: 100 morti ad Hama. La Caritas: corridoi umanitari sono obiettivi politici
Sempre difficile la situazione in Siria. L’osservatorio per i diritti umani denuncia
un record dall’inizio della rivolta: almeno 5 mila morti nel giro di 3 settimane,
cioè dall’apertura di Ginevra 2. Si tratta dei negoziati di pace che proseguono senza
avanzamenti nella città elvetica. L’opposizione ha presentato ier lai proposta di
transizione politica nel Paese, mentre secondo il regime la questione della lotta
al terrorismo è prioritaria rispetto a qualsiasi altro tema relativo al conflitto.
Sul terreno, invece, dopo la sospensione di martedì, ad Homs sono riprese le operazioni
di evacuazione dei civili e la consegna di viveri. Secondo l’Onu da venerdì 1.400
persone hanno abbandonato la città. Per un’analisi della drammatica situazione umanitaria,
Marco Guerra ha sentito Silvio Tessari, responsabile dell’ufficio per
il Medio Oriente di Caritas Italia:
R. - L’analisi
che confermiamo è questa: è una situazione che si deteriora sempre più per la semplice
ragione che non ci sono soluzioni in vista, come mi diceva il direttore della Caritas
Siria. C’è un andamento a "onde", per così dire, cioè ci sono dei giorni in cui la
situazione sembra più calma, con poche automobili che escono dalla Siria, e altri
invece in cui ci sono autobus pieni di gente che scappa proprio perché i focolai sono
a macchie di leopardo. Per cui, abbiamo il paradosso: alcune zone sono così tranquille
che la vita è quasi normale e altre zone in cui la situazione è orribile, questo è
ciò che ci riferiscono. A Homs, in particolare, c’era gente che cominciava essere
vicina a morire per la fame.
D. - Perché l’evacuazione a Homs sta procedendo
così lentamente?
R. - Il centro storico di Homs è stato assediato per molti
mesi. Il fatto che adesso ci sia una specie di corridoio che permetta di entrare nella
città vecchia è però una strada di potere in più. E quindi questa viene vista come
possibilità di acquistare maggior potere da entrambe le parti, sia dal governo che
dalle opposizioni. Morale: non si sa esattamente a chi vadano gli aiuti. Questo è
ciò che mi è stato detto. Il corridoio umanitario diventa una possibile di preda,
no? Di viveri, di beni di prima necessità, e ogni parte ha interesse ad appropriarsene.
Ecco perché non è facile che questi corridoi funzionino veramente e che la gente esca
veramente, perché non tutti sono d’accordo su chi debba uscire prima. È addirittura
un’occasione ulteriore di conflitto.
D. - Non solo Homs, la Siria è tutta un
focolaio. Quali sono le situazioni più critiche?
R. - I conflitti più evidenti
si riaccendono a momenti. Indubbiamente, la zona di Homs rimane la più critica, ma
poi anche il nord, alcune zone di Aleppo… É una situazione che varia: ad esempio,
al sud la situazione è più tranquilla, ma non ci si può mai aspettare un comportamento
normale.
D. - Al terzo giorno di colloqui del secondo round di "Ginevra 2"
non emergono risultati positivi. Voi che cosa chiedete alla parti e alla comunità
internazionale che sta negoziando?
R. - Il commento dopo "Ginevra 2" da parte
della Caritas Siria è proprio riassunto in tre parole: niente di speciale. Ginevra
non ha praticamente avuto nessun effetto neanche di speranza, di prospettiva positiva
per la popolazione locale, che naturalmente vede la situazione da questo punto di
vista: finché le parti in conflitto non si mettono d’accordo, per noi sarà sempre
peggio. Ci sono già diversi milioni di profughi all’estero, quattro milioni di sfollati
interni. Quindi, per i prossimi mesi, se veramente non cambia l’impatto che la Comunità
internazionale può avere sulle parti in conflitto, dobbiamo aspettarci ulteriori migliaia
e migliaia di profughi che verranno prima nei Paesi vicini e poi anche altrove.