Siria: a Ginevra colloqui diretti governo-ribelli. Le divergenze rimangono
I colloqui sul futuro della Siria sono ripresi questa mattina a Ginevra, dove il mediatore
Lakhdar Brahimi ha ricevuto tutti i rappresentanti governativi di Damasco e dell’opposizione
siriana al Palais des Nations. Per la prima volta dall’inizio degli incontri - riporta
l'agenzia Misna - le due delegazioni si sono riunite insieme a Brahimi, rappresentante
speciale di Onu e lega Araba, che aveva finora fatto da spola tra l’una e l’altra.
Entrambe le parti hanno accettato l’applicazione del comunicato finale della conferenza
di ‘Ginevra 1’ ma mentre Damasco vuole ottenere come prima cosa la cessazione delle
ostilità, l’opposizione ritiene prioritaria la creazione di un governo di transizione
. Nel pomeriggio, Brahimi incontrerà il vicesegretario di Stato americano per gli
Affari politici Wendy Sherman e il vice ministro degli Esteri russo Gennady Gatilov.
Sul terreno, intanto, non si fermano i combattimenti e gli episodi di violenza: ieri
il vice ministro degli Esteri siriano Faysal Miqdad ha detto che 50 persone, tra cui
donne e bambini sarebbero state uccise in un massacro compiuto da “terroristi”. Miqdad
sembrava riferirsi ad un massacro a Maan, in provincia di Hama, che secondo l’Osservatorio
nazionale per i diritti umani – Organizzazione non governativa basata a Londra ma
con una fitta rete di contatti in Siria – ha provocato almeno 21 morti.
Sui
negoziati di Pace per la Siria che si stanno svolgendo a Ginevra Massimiliano Menichetti ha
raccolto il commento di Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo:
R. – Si rischia
che possa impantanarsi fin dall’inizio, un’ipotesi di un governo di transizione. A
mio avviso il primo passo fondamentale, e forse fattibile, è quello di puntare ad
una pausa nei combattimenti. Questo potrebbe dare qualche speranza per una trattativa
che non sia condizionata dalle notizie continue di morti e feriti per bombardamenti
o per fame, le ultime notizie parlavano appunto di 136 mila morti in questo terribile
conflitto, nonché di milioni di persone che continuano a fuggire dalla Siria.
D.
– Il mediatore Brahimi ha intenzione di incontrare le delegazioni separatamente per
i prossimi due giorni …
R – E’ una metodologia negoziale che permette di far
sì che due delegazioni, che altrimenti si scontrerebbero immediatamente, invece possano
incominciare a ragionare con un mediatore che appunto è terzo, rispetto a questo conflitto;
Brahimi potrebbe svolgere un ruolo fondamentale per arrivare ad un’ipotesi di accordo,
almeno su alcuni punti minimali.
D. – La Francia ed altri Paesi premono affinché
siano aperti dei corridoi umanitari: secondo lei, è percorribile questa strada?
R.
– E’ un nodo da affrontare, perché da Homs a Damasco e a tante altre zone, nel conflitto
ci vanno di mezzo i civili. Questo mi sembra fondamentale. Poi, l’incarico di chi
lo possa sorvegliare, evidentemente, dev’essere dato dalle Nazioni Unite a rappresentanti
delle Nazioni Unite, perché certamente non può essere sorvegliato da una delle due
parti in causa.
D. – Anche perché assistiamo a scontri anche all’interno dei
gruppi di rivoltosi …
R. – Questo è uno dei grandi problemi di questa trattativa,
perché all’interno dei ribelli noi assistiamo a posizioni le più variegate: da quelli
che avevano iniziato la rivolta ad al Qaeda e così via. E questa, tra l’altro, è una
delle preoccupazioni della comunità internazionale.
D. – L’Arabia Saudita invoca
un vertice d’emergenza in sede Onu proprio sulla Siria; alcuni osservatori ribadiscono
che questa richiesta mostra un po’ la debolezza di “Ginevra 2” …
R. – Certamente:
si indica chiaramente che non si ha fiducia in questo negoziato, e dato che l’Arabia
Saudita è strettamente legata a tutta l’area di crisi, come per altri versi l’Iran,
un intervento del genere vuol dire sostanzialmente sfiduciare un po’ l’azione di Brahimi.
D.
– Allo stato attuale, quindi, bisogna soltanto aspettare?
R. – Assolutamente
sì. Sperando che Brahimi riesca a trovare una mediazione. Ma, certamente, se dall’esterno
arrivano segnali contrari, come quello dell’Arabia Saudita si rischia che, per quanto
possa essere capace l’azione diplomatica di Brahimi, le influenze esterne possono
minarne i risultati finali.