Salvifici doloris, compie 30 anni la Lettera di Papa Wojtyla sul senso cristiano della
sofferenza
30 anni fa, l’11 febbraio del 1984, Giovanni Paolo II firmava la Lettera apostolica
“Salvifici Doloris” sul senso cristiano della sofferenza umana. Una sintesi di questo
intenso documento nel servizio di Sergio Centofanti:
“Nella Croce di
Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa
sofferenza umana è stata redenta”. Giovanni Paolo II medita sul mistero del dolore
partendo dalla domanda che si pone ogni essere umano: perché il male? E sottolinea
subito che ogni spiegazione appare insufficiente e inadeguata. “L’uomo, nella sua
sofferenza – scrive – rimane un mistero intangibile”. Ma “Cristo ci fa entrare nel
mistero e ci fa scoprire il perché della sofferenza” rispondendo dalla Croce. Tuttavia
– precisa Giovanni Paolo II - a volte c'è bisogno “di un lungo tempo, perché questa
risposta cominci ad essere … percepibile”. La sua risposta è innanzitutto una chiamata:
“Cristo non spiega in astratto le ragioni della sofferenza, ma prima di tutto dice:
‘Seguimi!’. Vieni! prendi parte con la tua sofferenza a quest'opera di salvezza del
mondo, che si compie per mezzo della mia sofferenza! Per mezzo della mia Croce. Man
mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla Croce di Cristo,
si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza … E allora l'uomo trova
nella sua sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale”.
Giovanni
Paolo II afferma che la risposta sta quindi nell’amore: Gesù “benché innocente, si
addossa le sofferenze di tutti gli uomini, perché si addossa i peccati di tutti” e
in questo modo, traendo il bene anche dal male, vince l'artefice del male, che è Satana.
“La Croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi d'acqua viva”.
Tutti vi possono attingere. Così “soffrire significa diventare … particolarmente aperti
all'opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all'umanità in Cristo”. Fonte di
gioia – sottolinea il Pontefice - diventa allora “il superamento del senso d'inutilità
della sofferenza” che “non solo consuma l'uomo dentro se stesso, ma sembra renderlo
un peso per gli altri ... La scoperta del senso salvifico della sofferenza in unione
con Cristo trasforma questa sensazione deprimente”.
Il dolore vissuto con
Gesù – prosegue Papa Wojtyla - serve veramente alla salvezza dei fratelli e delle
sorelle. “Non solo quindi è utile agli altri, ma per di più adempie un servizio insostituibile”.
Secondo il Papa è il paradosso del Vangelo: “le sorgenti della forza divina sgorgano
proprio in mezzo all'umana debolezza”. Quindi aggiunge: “Allorché questo corpo è profondamente
malato, totalmente inabile e l'uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più
si mettono in evidenza l'interiore maturità e grandezza spirituale, costituendo una
commovente lezione per gli uomini sani e normali”.
E’ il bene a vincere alla
fine – conclude Giovanni Paolo II – ma solo nella fede nella risurrezione l’uomo trova
“una luce completamente nuova, che lo aiuta a farsi strada attraverso il fitto buio”
della sofferenza e del male.