Da Ginevra ancora tregua per Homs. Diffuso un video che mostra le 12 suore rapite
in Siria
In Siria continua lo scontro tra oppositori e lealisti, mentre è stato esteso di tre
giorni il cessate il fuoco nella città vecchia di Homs. Intanto a Ginevra sono ripartiti
i negoziati per la pace, sul tappeto: lo stop delle violenze e un governo di transizione.
E sono apparse in un video amatoriale le 12 suore rapite più di due mesi fa dal convento
ortodosso di Maalula, a nord-ovest di Damasco. Marina Calculli:
Una tregua rinnovata
per altri 3 giorni a Homs per consentire il completamento dell’evacuazione dei civili,
cominciata venerdì scorso. E’ questo l’unico vero accordo raggiunto a Ginevra ieri,
con la ripresa dei negoziati tra governo e opposizione. Sono già in centinaia ad essere
stati evacuati dalla città sotto assedio. Ma a Ginevra le due parti sembrano ferme
su posizioni distanti. Mentre si fa urgente l’adozione di un comunicato congiunto,
c’è assoluta discordanza sui suoi contenuti. Per Walid Muallem, ministro degli esteri
siriano, la priorità è “la fine del terrorismo e del finanziamento da parte dei paesi
che lo sostengono”. Un chiaro riferimento agli stati del Golfo, accusati di complottare
contro il regime. Dall’altro, l’opposizione chiede la fine dei bombardamenti e un
urgente governo di transizione. Ma avverte anche: “Se non ci saranno progressi non
parteciperemo alla terza giornata di questa seconda fase di negoziati”. Intanto dalla
Siria, un video che riprende le suore del monastero di Santa Tecla a Ma’alula, rapite
dal gruppo islamista, la Jahbat al-Nusra, chiede la liberazione di 500 militanti qaedisti
in Siria e Libano, in cambio del rilascio delle sorelle. Damasco accusa al-Nusra di
usare le suore come scudo umano.
Sui negoziati di Pace per la Siria che si
stanno svolgendo a Ginevra Massimiliano Menichetti ha raccolto il
commento di Maurizio Simoncelli di Archivio Disarmo:
R. – Si rischia
che possa impantanarsi fin dall’inizio, un’ipotesi di un governo di transizione. A
mio avviso il primo passo fondamentale, e forse fattibile, è quello di puntare ad
una pausa nei combattimenti. Questo potrebbe dare qualche speranza per una trattativa
che non sia condizionata dalle notizie continue di morti e feriti per bombardamenti
o per fame, le ultime notizie parlavano appunto di 136 mila morti in questo terribile
conflitto, nonché di milioni di persone che continuano a fuggire dalla Siria.
D.
– Il mediatore Brahimi ha intenzione di incontrare le delegazioni separatamente per
i prossimi due giorni …
R – E’ una metodologia negoziale che permette di far
sì che due delegazioni, che altrimenti si scontrerebbero immediatamente, invece possano
incominciare a ragionare con un mediatore che appunto è terzo, rispetto a questo conflitto;
Brahimi potrebbe svolgere un ruolo fondamentale per arrivare ad un’ipotesi di accordo,
almeno su alcuni punti minimali.
D. – La Francia ed altri Paesi premono affinché
siano aperti dei corridoi umanitari: secondo lei, è percorribile questa strada?
R.
– E’ un nodo da affrontare, perché da Homs a Damasco e a tante altre zone, nel conflitto
ci vanno di mezzo i civili. Questo mi sembra fondamentale. Poi, l’incarico di chi
lo possa sorvegliare, evidentemente, dev’essere dato dalle Nazioni Unite a rappresentanti
delle Nazioni Unite, perché certamente non può essere sorvegliato da una delle due
parti in causa.
D. – Anche perché assistiamo a scontri anche all’interno dei
gruppi di rivoltosi …
R. – Questo è uno dei grandi problemi di questa trattativa,
perché all’interno dei ribelli noi assistiamo a posizioni le più variegate: da quelli
che avevano iniziato la rivolta ad al Qaeda e così via. E questa, tra l’altro, è una
delle preoccupazioni della comunità internazionale.
D. – L’Arabia Saudita invoca
un vertice d’emergenza in sede Onu proprio sulla Siria; alcuni osservatori ribadiscono
che questa richiesta mostra un po’ la debolezza di “Ginevra 2” …
R. – Certamente:
si indica chiaramente che non si ha fiducia in questo negoziato, e dato che l’Arabia
Saudita è strettamente legata a tutta l’area di crisi, come per altri versi l’Iran,
un intervento del genere vuol dire sostanzialmente sfiduciare un po’ l’azione di Brahimi.
D.
– Allo stato attuale, quindi, bisogna soltanto aspettare?
R. – Assolutamente
sì. Sperando che Brahimi riesca a trovare una mediazione. Ma, certamente, se dall’esterno
arrivano segnali contrari, come quello dell’Arabia Saudita si rischia che, per quanto
possa essere capace l’azione diplomatica di Brahimi, le influenze esterne possono
minarne i risultati finali.