Myanmar: cristiani, musulmani e buddisti insieme per la Vergine di Nyaunglebin
Il governo del Myanmar deve abbandonare "la propria natura aggressiva", il "mobbing
verso gli innocenti" e "l'ingiustizia" verso i cittadini, cercando al contempo di
"riparare i danni causati fino a oggi". È l'appello lanciato da mons. Charles Bo,
arcivescovo di Yangon, alle centinaia di migliaia di fedeli - cristiani e non - che
hanno partecipato alle solenni celebrazioni per il 112.mo anniversario del santuario
di Nostra Signora di Lourdes a Nyaunglebin. Il centenario luogo di culto mariano sorge
nel distretto di Bago, 145 km a nord di Yangon, diocesi di appartenenza. Dal 7 al
9 febbraio cristiani, buddisti, musulmani e indù - oltre 100mila persone - hanno affollato
il santuario per pregare la Madonna e chiedere grazie personali e per tutto il Paese.
Quest'anno il governo di Naypyidaw ha imposto meno vincoli e restrizioni ai fedeli
diretti a Nyaunglebin, favorendo un flusso record di persone provenienti da tutto
il Paese. Pace in Myanmar e la fine delle violenze confessionali - in particolare
nello Stato di Rakhine, fra buddisti e musulmani - le intenzioni di preghiera più
comuni. Almeno mille i pellegrini provenienti dallo Stato settentrionale Kachin, dove
è concentrata una nutrita rappresentanza cristiana. Il santuario è considerato un
luogo privilegiato di "rinnovamento spirituale" e di "rafforzamento della fede" per
tutti. A guidare le celebrazioni vi erano oltre 200 sacerdoti, circa 300 religiosi,
tre arcivescovi e suore. Mons. Charles Bo ha presieduto la solenne concelebrazione
eucaristica della mezzanotte dell'8 febbraio, chiedendo "pace, giustizia e sviluppo
umano" per tutte le anime della nazione birmana, le sue etnie e le comunità religiose.
Nel corso dell'omelia l'arcivescovo di Yangon ha parlato di "opportunità storica"
per un vero processo di "riconciliazione e di ricostruzione della nostra nazione",
grazie anche al contributo della Chiesa nei settori "dell'istruzione e dello sviluppo
umano". Con l'intercessione di Maria, ha spiegato il prelato, sarà possibile "ricostruire"
ciò che "è andato perduto". La Madonna, ha aggiunto, "non smette mai di prendersi
cura dei malati, degli emarginati, dei disabili, degli orfani, di quanti sono senza
speranza". È Lei che accompagna, continua mons. Bo, nei momenti "di gioia e di dolore".
Quest'anno la Chiesa del Myanmar festeggia i 500 anni di storia e rende omaggio ai
propri martiri, una componente essenziale dei cinque secoli di vita e di evangelizzazione
nel Paese asiatico. Mons. Bo si è augurato che "le ferite della storia siano lenite"
e che i fatti del passato "non vengano mai dimenticati" - il dramma della dittatura
militare, la repressione - perché "celare la storia di una nazione, implica al contempo
occultare la vera pace e la giustizia". Da ultimo, l'arcivescovo di Yangon ha reso
omaggio al lavoro svolto dalla Chiesa e dai missionari a favore "dei fratelli e sorelle"
che vivono nelle zone montagnose e remote della nazione, spesso dimenticate dalle
autorità e dai vertici del governo centrale. I missionari "hanno portato nuove lingue",
conclude il prelato, insegnanti e libri "per costruire la Chiesa locale al costo delle
loro stesse vite". Il Myanmar è una nazione caratterizzata da forti contrasti, soprattutto
fra la maggioranza buddista e la minoranza musulmana. I cattolici birmani sono una
piccolissima percentuale sul totale (poco più dell'1%), ma la loro presenza e il loro
lavoro verso l'unità e la pace sono fondamentali in una realtà contraddistinta da
conflitti etnici e scontri interconfessionali. Spesso ancora oggi essere cristiani
è un "fattore identitario" per molte tribù - vedi le minoranze religiose Karen e Kachin
- che deve però diventare fonte di incontro e non elemento di divisione, come ha sottolineato
più volte in passato lo stesso arcivescovo di Yangon. (R.P.)