Centrafrica. Non c'è sicurezza a Bangui: la testimonianza di un missionario
Nuove violenze nella Repubblica Centrafricana: almeno 11 persone, tra cui un parlamentare,
sono rimaste uccise in scontri e saccheggi avvenuti nelle ultime ore a Bangui. Il
Paese africano è piombato nel caos da quando, nel marzo 2013, i ribelli Seleka portarono
al potere Michel Djotodia, dimessosi poi il mese scorso per l’incapacità di fermare
i combattimenti. Al momento le truppe francesi schierate in Centrafrica denunciano
sanguinose azioni anche da parte delle milizie anti-Balaka. Alla presidenza del Consiglio
nazionale di transizione è stata intanto eletta il sindaco di Bangui, Catherine Samba-Panza,
ma le condizioni di sicurezza in città sono ancora precarie. La testimonianza di padre
Joseph Tanga Koti, responsabile della casa di formazione della Società Missioni
Africane a Bangui. L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Ieri stavo
celebrando la Messa al Seminario maggiore, dove sono riparate tra le 5mila e le 7mila
persone, che al momento alloggiano lì, e abbiamo udito colpi di fucile: dopo, alla
radio, abbiamo sentito che c’erano state violenze in un quartiere popolare, abitato
da musulmani e dove sorgono tanti negozi. Ci sono stati anche dei morti, 10-11 persone,
e sono stati segnalati pure dei furti. Questo capita forse perché quelli che abitano
lì, in passato, erano molto vicini alle forze Seleka e gli stessi Seleka abitavano
in quella zona: alcuni mesi fa, quando sono venuti a fare il colpo di Stato, erano
loro che andavano a rubare in altri quartieri.
D. – Adesso ad agire sono le
forze anti-Balaka?
R. – Ci sono le milizie anti-Balaka, ma sul terreno operano
pure i francesi e i militari della Misca - la missione internazionale – che vengono
da Rwanda, Burundi, Congo e sono lì per proteggere la popolazione.
D. – Le
ultime notizie sono che tra le vittime c’è anche un parlamentare …
R. – Sì,
era un parlamentare che veniva dal centro-nord, un parente del ministro della Giustizia.
Mi sembra che si opponesse alla violenza contro alcuni musulmani. Al momento però
non dicono ancora perché sia stato ucciso. Adesso, a causa della violenza che imperversa
a Bangui, è facile essere uccisi.
D. – Quindi non c’è sicurezza al momento
a Bangui?
R. – Non c’è tanta sicurezza. Il livello della violenza adesso è
molto alto, ci sono molti gruppi che hanno armi e nei cuori c’è tanto rancore. Per
questo motivo tutti quelli che si sono rifugiati nelle missioni cattoliche non vogliono
andare a casa.
D. – La stampa riporta anche notizie di vittime in scontri a
sfondo religioso: è così?
R. – Non posso dire che sia un problema tra musulmani
e cristiani. Quando si parla di Seleka e anti-Balaka, i politici vogliono presentare
tutto come uno scontro tra musulmani e cristiani mentre il problema, all’origine,
è stato di potere politico: è stata una coalizione militare che è venuta a fare un
colpo di Stato. La questione è che coloro che hanno preso il potere erano musulmani
e altri musulmani li hanno appoggiati per proteggere le loro ricchezze: sembrava che
andassero non contro i cristiani, ma contro i non musulmani. Quando ci fu il movimento
per contrastare questa violenza, quelli che si opposero andarono contro i musulmani.
Per questo, alcuni organi di stampa definiscono gli anti-Balaka “milizia cristiana”,
mentre all’interno degli anti-Balaka ci sono solo persone che non credono a niente.
D.
– In questo quadro di violenza, qual è la speranza della Chiesa centrafricana?
R.
– La Chiesa spera che il Centrafrica possa ancora tornare com’era: un popolo non violento,
un popolo fraterno, un popolo unito e accogliente. Noi, nella Chiesa, annunciamo che
l’ultima parola non è la violenza, ma l’amore, la pace, la riconciliazione.