2014-02-10 12:59:57

75 anni fa la morte di Pio XI. Giovagnoli: un grande Papa missionario


75 anni fa, il 10 febbraio del 1939, moriva Pio XI, al secolo Achille Ratti. Nato a Desio, in provincia di Monza, il 31 maggio del 1857, ricoprì vari incarichi come sacerdote. Fu nunzio in Polonia durante l’invasione sovietica, arcivescovo di Milano e il 6 febbraio del 1922 venne eletto Papa con il nome di Pio XI. I 17 anni del suo Pontificato vengono ricordati per la firma dei Patti Lateranensi nel 1929, per aver voluto la Radio Vaticana, inaugurata nel 1931 alla presenza di Guglielmo Marconi e per le importanti Encicliche. Per tracciare un profilo di Pio XI, Debora Donnini ha sentito Agostino Giovagnoli, professore di storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. – Pio XI è stato un uomo molto coraggioso e questo è diventato anche un tratto del suo Pontificato: l’idea era appunto di una forza della Chiesa, che deve far sentire la sua voce e non deve cedere di fronte alle potenze di questo mondo.

D. – Sotto il suo Pontificato avviene un evento centrale. L’11 febbraio del 1929 vengono sottoscritti i Patti Lateranensi: la Santa Sede riconosce il Regno d’Italia sotto la dinastia di casa Savoia e, a sua volta, l’Italia riconosce lo Stato della Città del Vaticano sotto la sovranità del Sommo Pontefice. Quanto la personalità di Pio XI ha influito su questo?

R. – Sulla conciliazione la personalità di Pio XI è stata decisiva. Ha avuto anche qui un grande coraggio. I suoi predecessori avevano rotto con lo Stato italiano e anche se man mano si erano delineate delle spinte conciliariste, nessuno aveva avuto il coraggio di realizzare questa conciliazione. Quindi, anche qui è un Papa innovatore e, direi, che ha chiuso la “questione romana” in tempi che, da un punto di vista storico, sono brevi. In fondo non erano passati molti anni dal 1870. Poi, c’è naturalmente l’altra faccia della medaglia, e cioè il fatto che questo accordo sia stato fatto con Mussolini, col fascismo, e questo gli è stato molto rimproverato. Bisogna, però, tener conto che, questo aspetto, nella visione di Pio XI, era secondario: per lui ciò che contava erano le grandi questioni, i grandi problemi, e il resto passava in secondo piano.

D. – Pio XI poi nel ’31 con l’Enciclica “Non abbiamo bisogno” interviene anche nei confronti del Governo italiano, che ha sciolto le associazioni giovanili e universitarie dell’Azione Cattolica. Quindi, c’è una presa di posizione?

R. – Sì, certamente, fa parte dello spirito combattivo di questo Papa. Avere fatto un accordo non significava per lui avere chiuso tutte le questioni. Direi, però, che la svolta avviene intorno alla metà degli anni ’30, quando si rende conto che i grandi poteri totalitari del nazismo, e in qualche modo anche il fascismo, in fondo stanno preparando l’Europa alla guerra.

D. – Questo si vede con la “Mit brennender Sorge”, con questa Enciclica, con cui interviene contro il Reich nazista e poi con la “Divini Redemptoris” contro il comunismo ateo dominante in Russia...

R. – Pio XI aveva tentato fino alla fine, in qualche modo, un accordo con l’Unione Sovietica. Il suo stretto collaboratore, Eugenio Pacelli, viene coinvolto fin verso la fine degli anni ’20 in questi tentativi, che poi falliscono, perché c’è una sordità sovietica totale. Ma è abbastanza interessante che Pio XI abbia tentato appunto questo accordo e poi abbia invece assunto una posizione totalmente ferma nella condanna del comunismo ateo. Il rapporto con il nazismo ovviamente ha avuto una dinamica diversa, ma appunto questa Enciclica del ’37 è molto importante, come importante è anche l’Enciclica che è stata preparata contro il razzismo, contro l’antisemitismo, che poi, per la morte del Papa, non ha mai visto la luce. E’ comunque indicativa di questo suo atteggiamento, di cui rimane l’espressione forse più famosa quella frase: “Siamo tutti spiritualmente semiti”.

D. – Non si può dimenticare la sua grande attenzione al mondo della comunicazione. Il 12 febbraio del 1931 inaugura la stazione della Radio Vaticana inviando a tutti in latino il messaggio “Qui arcano Dei”. Questo grande segno di attenzione alla comunicazione dà l’idea di come Pio XI fosse attento al mondo moderno?

R. – Non c’è dubbio. Questa apertura al mondo moderno è molto significativa ed è anche, credo, significativa appunto questa apertura che è avvenuta nel campo della comunicazione. Qui c’è tutta la sensibilità anche alla trasmissione di un messaggio che deve arrivare il più lontano possibile, come riesce a fare la Radio Vaticana. Voglio dire, c’è un senso missionario. E, del resto, Pio XI è stato un grande Papa missionario, che ha guardato all’Africa, alla Cina con tanta attenzione e vedeva in questi nuovi mezzi di comunicazione una possibilità ulteriore per la Chiesa di raggiungere tutti i popoli.







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