P. Lombardi: documento Comitato Onu sui minori anomalo, con gravi limiti e oltre le
sue competenze
Non si fermano le polemiche dopo la pubblicazione, mercoledì scorso a Ginevra, delle
osservazioni conclusive del Comitato Onu per i diritti sui bambini riguardante la
Santa Sede. Pubblichiamo a questo proposito una nota del direttore della Sala Stampa
vaticana, padre Federico Lombardi: (Sintesi in voce di Sergio Centofanti )
Dopo il gran
numero di articoli e commenti in seguito alla pubblicazione delle raccomandazioni
del Comitato di verifica della Convenzione sui diritti dei bambini sembra utile fare
alcune riflessioni e precisazioni.
Non è il caso di parlare di scontro “fra
l’ONU e il Vaticano”. Le Nazioni Unite sono una realtà molto importante per l’umanità
di oggi. La Santa Sede ha sempre dato un forte supporto morale all’Organizzazione
delle Nazioni Unite come luogo d’incontro fra tutte le nazioni, per favorire la pace
nel mondo e la crescita della comunità dei popoli nell’armonia e nel reciproco rispetto
e vicendevole arricchimento. Ne sono testimonianza innumerevoli documenti e interventi
della Santa Sede ai suoi livelli più alti e la partecipazione intensa dei suoi Rappresentanti
nell’attività di molti organismi dell’ONU.
I responsabili più alti dell’ONU
sono stati sempre consapevoli dell’importanza del sostegno dell’autorità morale e
religiosa della Santa Sede per la crescita della comunità dei popoli, perciò hanno
invitato i Papi a visitare l’Organizzazione e a dirigere la loro parola all’Assemblea
generale. Cosa che, sulle orme di Paolo VI, hanno fatto Giovanni Paolo II (ben due
volte) e Benedetto XVI. Insomma, le Nazioni Unite, nelle loro più alte istanze, apprezzano
e desiderano il sostegno della Santa Sede e il dialogo positivo con essa. E altrettanto
desidera la Santa Sede, per il bene della famiglia umana. Questa è la prospettiva
in cui occorre porsi.
Le Convenzioni internazionali promosse dalle Nazioni
Unite sono una delle vie attraverso cui la comunità internazionale cerca di promuovere
la dinamica della ricerca della pace e della promozione dei diritti della persona
umana in campi specifici. Gli Stati sono liberi di aderirvi. La Santa Sede/Stato della
Città del Vaticano ha aderito a quelle che ritiene più importanti alla luce della
sua attività e della sua missione. (Occorre ricordare che aderire a una Convenzione
comporta impegni di partecipazioni e rapporti, ecc., che richiedono personale e risorse,
per cui la Santa Sede deve fare una scelta di un numero limitato di Convenzioni, proporzionato
alle sue possibilità di partecipazione). Fra queste, con tempestività, la Santa Sede
ha aderito – fra i primi al mondo - a quella per i diritti dei bambini, alla luce
del grandissimo lavoro svolto in questo campo, da sempre e in molte forme diverse
(educative, caritative, ecc.), dalla comunità cattolica nel mondo, e alla luce del
magistero della Chiesa in questo campo, ispirato al comportamento di Gesù stesso descritto
nei Vangeli.
Naturalmente l’attività dell’ONU è molto vasta e complessa, e
come ogni grande organizzazione - e proprio per la sua natura internazionale e il
più possibile universale - abbraccia al suo interno persone, posizioni, voci molto
diverse. Non c’è quindi da stupirsi se nel suo vasto mondo si incontrano o si scontrano
visioni diverse. Ma perché il risultato complessivo sia positivo occorre perciò molta
disponibilità al dialogo e rispetto attento alle regole essenziali nelle procedure
e nell’impostazione delle attività.
Per la verifica dell’attuazione della Convenzione
sui diritti dei bambini esiste un Comitato con sede a Ginevra, che tiene due sessioni
l’anno, che riceve i rapporti dei diversi Stati aderenti, li studia e li discute con
le delegazioni da essi inviate e formula raccomandazioni per un’attuazione migliore
di quanto previsto dalla Convenzione stessa. Le raccomandazioni formulate dal Comitato
sono spesso piuttosto scarne e di peso relativo. Non per caso non se ne è quasi mai
sentita eco a livello di stampa internazionale, anche nel caso di Paesi dove i problemi
dei diritti umani e dell’infanzia sono notoriamente gravi.
Nel caso dei Rapporti
presentati dalla Santa Sede al Comitato nei mesi scorsi sull’attuazione della Convenzione
e dei Protocolli addizionali, alle domande successivamente formulate per scritto dal
Comitato erano state date ampie risposte scritte, a cui era seguito un giorno di audizione
di un’apposita delegazione della Santa Sede a Ginevra il 16 gennaio. Ora si è avuta,
il 5 febbraio, la pubblicazione delle osservazioni e raccomandazioni conclusive del
Comitato. Ciò che ha suscitato ampie eco e reazioni.
Che cosa osservare in
proposito?
Anzitutto, l’adesione della Santa Sede alla Convenzione è stata
motivata da un impegno storico della Chiesa universale e della Santa Sede per il bene
dei bambini. Chi non si rende conto di che cosa questo rappresenta per il bene dei
bambini nel mondo vuol dire che non conosce bene questa dimensione della realtà. Perciò
la Santa Sede – come ha detto S.E. Mons. Parolin - continuerà ad impegnarsi per attuare
la Convenzione e per mantenere un dialogo aperto, costruttivo e impegnato con gli
organi in essa previsti. Prenderà le sue ulteriori posizioni e ne darà conto, e così
via, senza pretendere di sottrarsi a un dialogo autentico, alle procedure previste,
con apertura alle critiche giustificate, ma lo farà con coraggio e decisione, senza
timidezza.
Allo stesso tempo, non si può non rilevare che le ultime raccomandazioni
pubblicate dal Comitato appaiono presentare – a giudizio di chi ha ben seguito il
processo che le ha precedute – limiti gravi. Non hanno tenuto conto adeguato delle
risposte, sia scritte, sia orali, date dai rappresentanti della Santa Sede. Chi ha
letto e ascoltato queste risposte non ne trova riflessi proporzionati nel documento
del Comitato, tanto da far pensare che esso fosse praticamente già scritto o perlomeno
nettamente impostato prima dell’audizione.
In particolare sembra grave la non
comprensione della natura specifica della Santa Sede. E’ vero che si tratta di una
realtà diversa dagli altri Stati e questo rende meno facile comprenderne ruolo e responsabilità.
Ma ciò è stato spiegato molte volte dettagliatamente nei vent’anni e più di adesione
alla Convenzione e in particolare nelle recenti risposte scritte. Non si è capaci
di capire o non si vuole capire? In ambedue i casi si ha diritto a stupirsi.
Il
modo di presentare le obiezioni e l’insistenza su diversi casi particolari sembrano
insinuare che si sia data molta maggiore attenzione a ONG ben note, pregiudizialmente
contrarie alla Chiesa cattolica e alla Santa Sede, che non alle posizioni della Santa
Sede stessa, firmataria della Convenzione, che pure è stata disponibile a un dialogo
approfondito con il Comitato. E’ tipico infatti di tali organizzazioni non voler riconoscere
quanto è stato fatto dalla Santa Sede e nella Chiesa in questi anni recenti, nel riconoscere
errori, nel rinnovare le normative, nello sviluppare misure formative e preventive.
Poche o nessun’altra organizzazione o istituzione ha fatto altrettanto. Ma non è assolutamente
quello che si comprende leggendo il documento in questione.
Infine, e questa
forse è l’osservazione più grave, le osservazioni del Comitato in più direzioni sembrano
andare oltre le sue competenze e interferire nelle stesse posizioni dottrinali e morali
della Chiesa cattolica, dando indicazioni che coinvolgono valutazioni morali della
contraccezione e dello stesso aborto, o l’educazione nelle famiglie o la visione della
sessualità umana, alla luce di una propria visione ideologica della stessa sessualità.
Per questo nel Comunicato ufficiale pubblicato mercoledì mattina si è parlato di “un
tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa Cattolica sulla dignità della
persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa”.
Infine, non si può
non osservare che il tono, lo sviluppo e la pubblicità data dal Comitato al suo documento
sono assolutamente anomali rispetto al suo normale procedere in rapporto con gli altri
Stati parte aderenti alla Convenzione.
Insomma, se certamente la Santa Sede
è stata oggetto di un’iniziativa e di un’attenzione mediatica a nostro avviso ingiustamente
nociva, bisogna pur riconoscere che a sua volta il Comitato stesso si è attirato molte
critiche gravi e fondate. Senza volere attribuire “alle Nazioni Unite” quanto avvenuto,
bisogna pur dire che nell’opinione comune le Nazioni Unite portano a loro volta le
conseguenze negative di quanto compiuto, aldilà delle sue competenze, da un Comitato
che ad esse si appella.
Cerchiamo dunque di ritrovare il piano corretto dell’impegno
per il bene dei bambini. Anche attraverso lo strumento della Convenzione. La Santa
Sede non farà mancare le sue risposte attente ed argomentate.