Il presidente di “Telefono Azzurro”: Comitato Onu cerca visibilità andando oltre
sue funzioni
Stupore per le accuse del Rapporto Onu alla Santa Sede viene espresso dal presidente
del Telefono Azzurro, Ernesto Caffo. In questa intervista di Alessandro
Gisotti, il prof. Caffo mette anche in discussione la metodologia usata dalla
Commissione che ha stilato il documento:
R. – E’ stata
una grande sorpresa nel vedere come un tema così delicato sia stato, in qualche modo,
portato alla stampa con modalità sicuramente insolite. Dall’altra parte, l’amarezza
nel vedere che non ci sia stato il riconoscimento di un percorso assolutamente significativo
che la Santa Sede ha sviluppato negli ultimi anni, per affrontare quei problemi che
sono segnalati come esistenti, cercando anche – tra l’altro – di allargare quelle
che sono le competenze della Commissione su aree che non sono proprie; e, d’altra
parte, una Commissione che molte volte è rimasta invisibile in tutti questi anni,
forse ha trovato in questa occasione l’opportunità di farsi notare, ma sicuramente
con modalità e anche argomentazioni assolutamente inadeguate.
D. – Si può
parlare di due pesi e due misure rispetto ad altri Stati?
R. – La Commissione
dovrebbe periodicamente rivedere per ogni Stato i rapporti che vengono presentati,
con una frequenza nell’ambito dei 2-3 anni. In realtà queste revisioni sono spesso
superficiali e quando vengono, in qualche modo, fatte delle obiezioni sono sicuramente
molto poco efficaci nei cambiamenti sostanziali che devono poi essere fatti dai singoli
Stati. Sorprende vedere che oggi, invece, tutti si concentrano su quest’attenzione
al rapporto dello Stato Vaticano. D’altra parte devo dire che questa Commissione non
è mai entrata in verifiche reali di quelle che sono le situazioni dei vari Paesi del
mondo, se non leggendo relazioni - molte volte superficiali - fatte da certi funzionari
in ogni Paese e con la presenza quasi marginale del mondo associativo e delle associazioni
per l’infanzia internazionale. Questo mi dà il senso che evidentemente in questo percorso,
che è tra l’altro limitato dal fatto che un grande Paese come gli Stati Uniti non
abbia mai firmato la Convenzione, i membri di questa Commissione hanno cercato di
avere una visibilità, di fronte anche alla carenza di strumenti che questa Commissione
ha sempre avuto anche nei confronti di tutti gli altri Stati che hanno firmato la
Convenzione.
D. – Questo documento, lungi dall’occuparsi solo degli abusi
sui minori, che è una piaga terribile che la Chiesa sta cercando di affrontare, si
occupa anche dei cosiddetti temi sensibili della morale cattolica. Ad un certo punto,
per esempio, si critica la Santa Sede perché è contraria all’aborto. Ma non è un clamoroso
paradosso?
R. – Sicuramente è inaccettabile che la Commissione entri in tematiche
che non sono per nulla presenti nell’ambito della Convenzione dei diritti dell’infanzia.
Io ricordo la preparazione di quel documento, di quella Convenzione, in cui – fra
l’altro – la Santa Sede era rappresentata dal cardinale Martino, con questi lunghi
dibattiti, con queste lunghe sedute che hanno portato ad un documento equilibrato
ed è questo documento quello che viene valutato dalla Commissione. Non altro! E credo
che entrare nel merito di scelte etiche e morali sicuramente non ha nulla a che fare
con il compito della Commissione. Inoltre, secondo me, dando valutazioni – che io
ritengo ideologiche – sicuramente c’è un qualcosa che supera le funzioni di quella
Commissione.