2014-02-06 14:53:11

Il presidente di “Telefono Azzurro”: Comitato Onu cerca visibilità andando oltre sue funzioni


Stupore per le accuse del Rapporto Onu alla Santa Sede viene espresso dal presidente del Telefono Azzurro, Ernesto Caffo. In questa intervista di Alessandro Gisotti, il prof. Caffo mette anche in discussione la metodologia usata dalla Commissione che ha stilato il documento:RealAudioMP3

R. – E’ stata una grande sorpresa nel vedere come un tema così delicato sia stato, in qualche modo, portato alla stampa con modalità sicuramente insolite. Dall’altra parte, l’amarezza nel vedere che non ci sia stato il riconoscimento di un percorso assolutamente significativo che la Santa Sede ha sviluppato negli ultimi anni, per affrontare quei problemi che sono segnalati come esistenti, cercando anche – tra l’altro – di allargare quelle che sono le competenze della Commissione su aree che non sono proprie; e, d’altra parte, una Commissione che molte volte è rimasta invisibile in tutti questi anni, forse ha trovato in questa occasione l’opportunità di farsi notare, ma sicuramente con modalità e anche argomentazioni assolutamente inadeguate.

D. – Si può parlare di due pesi e due misure rispetto ad altri Stati?

R. – La Commissione dovrebbe periodicamente rivedere per ogni Stato i rapporti che vengono presentati, con una frequenza nell’ambito dei 2-3 anni. In realtà queste revisioni sono spesso superficiali e quando vengono, in qualche modo, fatte delle obiezioni sono sicuramente molto poco efficaci nei cambiamenti sostanziali che devono poi essere fatti dai singoli Stati. Sorprende vedere che oggi, invece, tutti si concentrano su quest’attenzione al rapporto dello Stato Vaticano. D’altra parte devo dire che questa Commissione non è mai entrata in verifiche reali di quelle che sono le situazioni dei vari Paesi del mondo, se non leggendo relazioni - molte volte superficiali - fatte da certi funzionari in ogni Paese e con la presenza quasi marginale del mondo associativo e delle associazioni per l’infanzia internazionale. Questo mi dà il senso che evidentemente in questo percorso, che è tra l’altro limitato dal fatto che un grande Paese come gli Stati Uniti non abbia mai firmato la Convenzione, i membri di questa Commissione hanno cercato di avere una visibilità, di fronte anche alla carenza di strumenti che questa Commissione ha sempre avuto anche nei confronti di tutti gli altri Stati che hanno firmato la Convenzione.

D. – Questo documento, lungi dall’occuparsi solo degli abusi sui minori, che è una piaga terribile che la Chiesa sta cercando di affrontare, si occupa anche dei cosiddetti temi sensibili della morale cattolica. Ad un certo punto, per esempio, si critica la Santa Sede perché è contraria all’aborto. Ma non è un clamoroso paradosso?

R. – Sicuramente è inaccettabile che la Commissione entri in tematiche che non sono per nulla presenti nell’ambito della Convenzione dei diritti dell’infanzia. Io ricordo la preparazione di quel documento, di quella Convenzione, in cui – fra l’altro – la Santa Sede era rappresentata dal cardinale Martino, con questi lunghi dibattiti, con queste lunghe sedute che hanno portato ad un documento equilibrato ed è questo documento quello che viene valutato dalla Commissione. Non altro! E credo che entrare nel merito di scelte etiche e morali sicuramente non ha nulla a che fare con il compito della Commissione. Inoltre, secondo me, dando valutazioni – che io ritengo ideologiche – sicuramente c’è un qualcosa che supera le funzioni di quella Commissione.







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