2014-02-06 15:48:13

Don Bosco, 200.mo nascita. Don Chavez: dai bisogni dei giovani si trasforma la società


“Missione don Bosco con i giovani e per i giovani”: il tema dell’anno bicentenario della nascita del sacerdote, pedagogo, santo piemontese. Tante le iniziative messe in campo dalla grande Famiglia salesiana, presente oggi in oltre 130 Paesi, dove operano nel nome di don Bosco circa 400 mila religiosi, consacrati e laici. Fitto il calendario degli eventi, a partire dal prossimo agosto, presentati questo giovedì a Roma alla stampa internazionale. Roberta Gisotti ha intervistato don Pascual Chavez, rettore maggiore dei Salesiani:RealAudioMP3

Ripartire da don Bosco: da tre anni, la Famiglia salesiana è impegnata a rileggere la storia, la pedagogia, la spiritualità del suo fondatore, nato a Castelnuovo d’Asti il 16 agosto del 1815 in una famiglia di contadini, orfano a soli due anni, sacerdote a 26, ideatore del noto sistema educativo preventivo. Dopo 200 anni, qual è l’attualità del suo pensiero e del suo agire verso i giovani, giovani cui spesso – si dice oggi - venga negato il futuro. Don Pascual Chavez:

R. - È proprio questa l’attualità e la validità di don Bosco oggi. È quindi questa la ragione per cui noi ci apprestiamo a celebrare il suo bicentenario, non certamente per motivi di euforia per il suo anniversario, o per nostalgia del passato: lo celebriamo perché siamo consapevoli della sua validità al giorno d’oggi. I giovani da una parte godono di più possibilità - su questo non c’è dubbio, anche grazie alle diverse condizioni sociali - per cui tra ieri ed oggi c’è una grande differenza. Tuttavia, i problemi continuano a essere gli stessi. Troviamo infatti una fascia molto vasta di persone che deve lottare molto per trovare il senso della vita, opportunità di sviluppo dei propri talenti, delle proprie potenzialità, e soprattutto la possibilità di inserimento nel campo lavorativo. Don Bosco è questo che ha voluto fare: noi siamo convinti che la formula migliore per aiutare i giovani e contribuire proprio alla trasformazione sociale sia il campo educativo e più concretamente quello della formazione professionale.

D. – Infatti, don Bosco si è preoccupato di curare le anime dei giovani, ma ha fatto anche azioni concrete nella società...

R. – Sì, perché per don Bosco la parola "anima" non indica un elemento separato dal corpo, ma per lui l’anima è una forma per esprimere la totalità della persona umana. È interessante quando lui dice esplicitamente che le prime cose a cui noi dobbiamo badare sono i bisogni materiali: il cibo per mangiare, il tetto sotto cui dormire e naturalmente le possibilità di sviluppo attraverso la scuola, o i centri di formazione professionale, ovviamente anche l’istruzione religiosa e quello che può essere l’esperienza di fede. Da questo punto di vista, proprio perché lui ha una visione totale della persona umana, non c’è una dimensione che venga trascurata, non c’è prima una cosa e poi un’altra, anche se per lui è importante partire dai bisogni fondamentali del ragazzo.

D. – Lei personalmente come vive questa occasione, questo appuntamento storico?

R. – Lo vivo con grande gioia, perché ho avuto anche la fortuna di essere il successore di Don Bosco. Nel periodo di preparazione al bicentenario, ho vissuto con molte aspettative per quanto poteva avvenire. Quello che ci preme è recuperare lo stesso entusiasmo dei primi Salesiani, che si diedero da fare proprio per realizzare il sogno di don Bosco: vedere felici i giovani per l’eternità attraverso il dono prezioso dell’educazione, dell’incontro con Gesù e la scoperta della propria vocazione, chiamati ad occupare un posto nella Chiesa e nella società.







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