Lotta allo spreco alimentare: necessaria presa di coscienza più forte del problema
Prima Giornata nazionale contro lo spreco alimentare, ieri in Italia. A promuoverla
è stato il Ministero dell’ambiente, che ieri mattina ha convocato a Roma associazioni,
enti di ricerca, aziende e imprese con il compito di elaborare un Piano nazionale
di prevenzione dei rifiuti. Quasi 9 miliardi di euro l’importo a cui ammonta ogni
anno lo sperpero, equivalente a oltre mezzo punto di Pil. Secondo un recente sondaggio,
risulta che il 51,2% di frutta e il 41,2% di verdura vengono gettati quando sono
ancora freschi. “Questa giornata è l’inizio di un percorso”, ha detto il ministro
dell’Ambiente, Orlando, perché è necessario cresca la consapevolezza” del problema.
Al microfono di Adriana Masotti, il direttore del Dipartimento di Scienze e
tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna, prof. Andrea Segré:
R. - Oggi, le
due parole d’ordine sono: prevenzione e recupero. Dobbiamo facilitare questo recupero,
perché c’è tanto cibo ancora buono che può sfamare chi non ce la fa e in Italia e
nel mondo sono in tanti. Però, l’obbiettivo finale è prevenire, cioè non avere più
sprechi. Da dove partire? Dalla nostra casa, perché in realtà lo spreco domestico
è quello più rilevante. Quindi, come fare? Comunicazione: facciamo capire che buttando
via un chilo di carne si buttano via ettolitri di acqua, ettari di terreno, kilowatt
di energia, lavoro umano e soprattutto si producono dei rifiuti che ci costano. Quindi
spesa consapevole, mangiare il giusto, usare bene il frigorifero… Una sorta di nuovo
corso di economia domestica.
D. - Al di là di ciò che ciascuno di noi può fare
a casa propria, come prevenire lo spreco nelle aziende, lungo la filiera alimentare?
R.
- Oggi, sono stati convocati i portatori di interesse, ovvero tutti gli attori che
partecipano alla filiera agroalimentare. Ognuno può fare qualcosa. Pensiamo al supermercato
che ha un'eccedenza che deve smaltire, sapendo che si tratta comunque di un prodotto
ancora buono che, se viene recuperato per fini solidali, non solo fa un’azione positiva,
ma risparmia anche sulla tariffa dei rifiuti. Questo è l’approccio che è stato applicato.
Io credo si possano raggiungere dei risultati concreti veramente nel breve periodo.
D.
- Tante sono le iniziative di solidarietà. Bastano?
R. - Sono venute fuor tante
iniziative, tanti progetti, tante azioni. Ecco, le dobbiamo coordinare, le dobbiamo
facilitare. Qui, l’ottica di Pinpas, la sigla del Piano nazionale di prevenzione degli
sprechi alimentari, deve essere partecipativa e cooperativa. Questo è quello che dobbiamo
fare: unirci per combattere lo spreco. Non si tratta di fare allarmismi. Dobbiamo
capire che l’ambiente, cioè la sostenibilità, il durare nel tempo e la solidarietà
possono andare a braccetto se capiamo che la nostra casa ha due dimensioni: una piccola,
cioè l’economia, e l’altra, più grande che è l’ecologia. La casa piccola, l’economia
- che significa anche risparmio, sobrietà - deve stare, rispettandone i limiti e i
confini, nella casa più grande, che è l’ecologia.
D. - In questa decrescita
dei consumi forse la crisi ci può aiutare…
R. - È molto relativo l’aiuto che
ci può dare la crisi, purtroppo perché è vero che compriamo di meno, spendiamo di
meno, talvolta addirittura risulta che si mangino alimenti scaduti, ma questo poi
va a scapito della nostra dieta. Del resto, il dato che abbiamo elaborato in "Waste
Watcher", l’osservatorio sullo spreco domestico, ci porta a dire che nel 2013 lo spreco
in Italia vale mezzo punto di Pil, ovvero 8,7 miliardi. È chiaro che la crisi non
può essere risolutiva e speriamo poi di uscirne in modo più consapevole e responsabile.