Siria. L'opposizione ribadisce: serve governo di transizione
Il capo dell’opposizione siriana Ahmad Jarba vola a Mosca per incontrare il ministro
degli esteri russo Sergej Lavrov. Ad Aleppo prosegue l'offensiva dell'aviazione del
regime di Damasco contro i ribelli. Marina Calculli. “In Siria è
necessario un governo di transizione” – insiste su questo punto, già sottolineato
più volte a Ginevra, il capo dell’opposizione politica al regime di Bashar al-Asad.
A Mosca, in un incontro con il capo della diplomazia del più forte alleato internazionale
di Damasco, Ahmad Jarba cerca un compromesso. Da Ginevra non è scaturito alcun accordo
e nessun cessate il fuoco. "Ma la base per continuare a discutere – sostiene Jarba
– è la dichiarazione di Ginevra 1, approvata anche dal regime, in cui c’è un chiaro
riferimento alla transizione politica". "In compenso - assicura il leader dell’opposizione
- "siamo disposti a fare compromessi sulle liste. Sappiamo bene che i candidati per
un potenziale governo ad interim devono essere approvati da entrambe le parti". Inoltre
– ha detto Jarba - !siamo decisi a riprendere i colloqui di Ginevra previsti per il
10 febbraio". Un altro punto cruciale emerso in queste ore è la possibile partecipazione
dell’Iran ai negoziati. L’opposizione si è finora detta contraria per il forte legame
tra Teheran e il regime siriano, ma gli Stati Uniti, secondo fonti diplomatiche russe,
starebbero spingendo perché l’Iran sia presente. Intanto sul terreno la guerra continua.
Ad Aleppo proseguono da due giorni i bombardamenti dell’esercito di Asad. Fino ad
ora si contano 26 morti, ma è un bilancio quasi certamente destinato a salire. Ieri
è stato reso noto che con 5794 morti, gennaio è stato il mese con il più alto numero
di uccisioni da quando è esploso il conflitto a marzo del 2011. Salvatore Sabatino
ne ha parlato con Paolo Branca, docente di Storia dei Paesi arabi e dell’Islam
all’Università Cattolica di Milano: R. - Il dato è sicuramente preoccupante, ma
ancora più preoccupante è l’appiattimento sul versante umanitario, che è ovviamente
importantissimo; ma se non si agisce sulle cause che provocano questa tragedia continua,
anzi la incrementano, mi sembra addirittura ipocrita.
D. – Intanto, si assiste
ad una continua frammentazione del fronte anti-Assad, anche questa è una situazione
che rende sempre più difficile la mediazione…
R. – Sono cose che abbiamo purtroppo
già visto nei Balcani, ma la stessa questione arabo-israeliana, a pensarci bene, è
così da decenni. La frammentazione, la nascita di nuove sigle, la degenerazione nel
terrorismo gratuito - che non ha nessun progetto se non quello appunto di terrorizzare
- è conseguenza di una mancanza di iniziativa su altri fronti, credibile e condivisa.
Purtroppo, dalle lezioni della storia non vogliamo apprendere nulla.
D. –
La Siria, visti anche gli scarsi risultati raggiunti a Ginevra, è ancora una piccola
pedina di un gioco ben più ampio o sta scardinando anche le regole del gioco internazionale?
R.
– In parte lo è perché è così da sempre, lo è l’intera area del Medio Oriente; sono
quasi propaggini della Guerra fredda. Certamente, ci sono elementi innovativi ma anche
peggiorativi perché sta assumendo le sembianze di una guerra di religione, che nella
Guerra fredda almeno non c’era.
D. – In questa guerra di religione si inserisce
anche l’Iran, il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammed Zarif, ha detto che se
l’Arabia Saudita convincesse i jihadisti radicali a deporre le armi il governo iraniano
si impegnerebbe in prima persona con il presidente Assad per una tregua e per la fine
delle ostilità. Quanto questa strada, secondo lei, potrebbe essere percorribile?
R.
– Deve essere percorsa assolutamente con il coinvolgimento dell’Iran, che è uno dei
grandi partner ed è soprattutto la potenza regionale dell’Asia Centrale dal tempo
dei greci. Quindi, nessun gioco in Asia Centrale può essere fatto lasciando da parte
l’Iran. Per fortuna abbiamo un nuovo leader che ha carte molto più in regola del precedente
e non approfittarne sarebbe un delitto.
D. – Anche se quanto accaduto a Ginevra
2 – prima l’invito rivolto a Teheran, poi il passo indietro dell’Onu – ha creato qualche
imbarazzo…
R. – Siamo alle solite: non è stato invitato perché non gradito
a qualcuno per altre questioni, tipo quella arabo-israeliana, ma non si può risolvere
la questione siriana senza tener conto dell’Iran, alleato storico della “dinastia”
degli Assad e vicino – anche dal punto di vista religioso – agli alauiti.