Facebook compie 10 anni. Prof. Colombo: società commerciale controlla dati di 1,2
miliardi di persone
Compie 10 anni di Facebook, che oggi collega in rete 1 miliardo e 250 milioni cosiddetti
‘amici’, sparsi nell’intero Pianeta e fattura 6 miliardi di dollari l’anno. Fondata
il 4 febbraio del 2004, la società Facebook, quotata in Borsa nel 2012, vanta una
capitalizzazione di 138 miliardi di dollari. C’è chi parla di rivoluzione nella comunicazione
portata dai social media. Ma possiamo dire che abbia migliorato la qualità della vita
collettiva? Roberta Gisotti ha girato la domanda al prof.Fausto
Colombo, direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione dello spettacolo
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
R. – Cominciamo
col dire che si tratta di un mezzo di comunicazione che serve ad entrare in relazione,
a costituire gruppi, dare informazioni in un modo orizzontale. Come tale offre naturalmente
dei vantaggi. Di qui a dire che abbia reso la vita migliore o peggiore, dipende… Dipende
naturalmente dall’uso che se ne fa, dipende in parte dalla prevalenza che ci può essere
fra gli elementi – diciamo – di controllo sociale, per esempio tutte le cose che noi
facciamo su Facebook sono ovviamente monitorate e diventano strumenti per proporci
acquisti o relazioni di questo tipo e, invece, la componente più libera, più sinceramente
relazionale e interpersonale.
D. – Papa Francesco, nel suo messaggio per la
Giornata delle Comunicazioni 2014, sottolinea due rischi: il rischio della velocità
delle informazioni in Rete, che non aiuta la riflessione e il giudizio e il rischio
dell’isolamento sia da chi ci vive accanto, che quello di chiudersi in un ambiente
– come dire - a nostro piacimento…
R. – Quando io devo spiegare il funzionamento
dei media ai miei studenti faccio sempre un esempio evangelico: l’episodio di Zaccheo.
Zaccheo sale su un sicomoro per vedere Gesù, ma quello che gli interessa è semplicemente
soddisfare una sua curiosità. Vuole vedere questa persona di cui tutti parlano, solo
che essendo piccolo sale sul sicomoro, che è l’esempio del medium: io uso un medium
per vedere… Quello che fa Gesù è interessante, perché è di rovesciare questa logica
e di chiedere a Zaccheo di incontrarlo personalmente, di recarsi a casa sua e attraverso
questa cosa lo converte. Allora, questi strumenti sono sempre un’opportunità, ma hanno
dei limiti. Un limite è quello di tenerti distante, non solo di avvicinarti, perché
si tratta pur sempre di conoscenze, di fenomeni mediati. Per esempio l’amico
di Facebook non è necessariamente un amico nella vita: è amico in un altro senso,
nel senso appunto relativo a quel piccolo universo che è Facebook. Inoltre tendono
– appunto come sottolineava il Papa – ad essere usati frettolosamente: per esempio
Zaccheo voleva semplicemente vedere, un’occhiata e via. E invece le relazioni umane
richiedono pazienza, tempo, silenzio, dedizione, cura. Da questo punto di vista i
media e soprattutto – direi – Facebook vanno trattati con i guanti. D’altronde alcune
nostre recenti ricerche dimostrano che usando nel tempo Facebook, le persone cominciano
a porre attenzione a questa questione. Ci sono comportamenti che si trasformano nel
tempo: ci sono persone – per esempio – che stanno più attente alle cerchie di amici
e non mandano più tutto a tutti, ma cominciano a creare una discrezionalità fra i
vari contenuti e le persone a cui devono essere inviate; ci sono persone che escono
da Facebook; ci sono persone che limitano le persone con cui sono in contatto, riducono
questo numero. Tutti questi sono comportamenti che fanno vedere come, ponendosi in
relazione con un medium, con una certa attenzione umana, lentamente si impari ad utilizzarlo
in modo sempre più consapevole.
D. – Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg,
oggi è tra gli uomini più ricchi del mondo, così come lo sono gli altri ‘signori’
che dominano la Rete, come i proprietari di Apple e Google, che risultano però anche
i maggiori elusori, se non evasori, di tasse. Ecco, questo ci fa pensare a chi stiamo
dando o abbiamo già dato le chiavi del mondo?
R. – Temo che fra grande capitale
e grande evasione ci siano delle connessioni molto forti, però spero di non avere
un pregiudizio! Quindi questa cosa non riguarda il fatto che siano imprenditori del
settore dei nuovi media, ma che siano imprenditori con una certa etica o senza una
certa etica. Ricordiamo anche, per dire, che la Rete mette a disposizione una serie
di risorse che invece sono molto più trasparenti e molto più ben gestite. Quello che
è vero è che bisognerebbe interrogarsi sulle responsabilità non tanto delle persone,
ma di questi soggetti: voglio dire Google, Facebook hanno in mano dati su di noi che
nessuno Stato ha mai avuto in questa dimensione, ma non portano le responsabilità
di uno Stato, perché sono entità commerciali. Quindi la cosa su cui occorre interrogarsi
e su cui occorre continuare a lavorare, perché in parte la legislazione europea e
nazionale lo fa, è chiedersi come proteggere il cittadino dai mal usi che possono
essere fatti di tutto ciò che lui fa sulla Rete: come vengono usate le informazioni
che lui stesso, volontariamente, talvolta un po’ maldestramente certifica di sé sulla
Rete, dicendo dove è, che cosa fa, che cosa consuma, con chi è amico… Come vengono
usati questi dati? Questo è il grande problema, credo, dei prossimi anni.