Presidenziali incerte in Thailandia. L’opposizione va avanti con le contestazioni
in Thailandia regna l’incertezza dopo le elezioni presidenziali di ieri. I risultati
si conosceranno solo entro fine mese, questo sempre se le consultazioni non saranno
annullate. Da Bangkok, il servizio di Stefano Vecchia:
Il voto di domenica
era atteso alla fine di un percorso segnato da dure proteste di piazza, provocazioni,
violenze con diverse vittime. Atteso anche perché la Thailandia, mai così divisa e
in recessione, ha bisogno di coesione e di azioni certe. Invece dalle urne, dopo una
giornata sostanzialmente pacifica nonostante le violenze del giorno prima a Bangkok,
è uscito un responso totalmente incerto sul suo significato. Nessun dato diffuso sulle
preferenze, per il quale occorrerà attendere ancora tre settimane, ma solo su affluenza
e tendenze. In 18 delle 77 provincie del paese, il voto è stato annullato o parzialmente
annullato. Nelle altre, la vittoria prevista del Puea Thai e della maggioranza uscente
davanti al ritiro dell'opposizione, dovrà confrontarsi ora con il rischio concreto
di annullamento della tornata elettorale. Sia da parte della Commissione elettorale
per la palese precarietà e arbitrarietà delle operazioni, sia da parte della Corte
costituzionale davanti alla frammentazione del processo elettorale, non contemplata.
Infatti, il governo ad interim ha già chiesto che il voto di ieri sia ripetuto nelle
circoscrizioni e nei seggi dove non si è potuto tenere per il blocco della distribuzione
delle schede, dell'ostruzionismo nelle sezioni elettorali o per il timore di molti
di recarsi alle urne in una situazione di tensione. Che questo avvenga tra una settimana,
come chiesto da governo, oppure entro un mese, risulterebbe comunque in una eccezione
al dettato costituzionale. Inoltre, è già prevista per il 23 febbraio la ripetizione
del voto anticipato e anch'esso parzialmente invalidato del 23 gennaio per coloro
impossibilitati per professione o altro a recarsi ieri ai seggi. Sull'annullamento
punta l'opposizione, che ha deciso comunque di proseguire a oltranza la protesta nella
capitale e altrove per chiudere la partita con il governo e avviare un processo riformista
prima di nuove elezioni. Sulle riforme annunciate punta anche l'esecutivo provvisorio
una volta superati gli scogli legali e concretizzato l'arresto dei leader anti-governativi.
Il paese, del tutto scettico su una rapida soluzione della crisi, si interroga sui
suoi fondamentali, che non sembrano autorizzare la nascita di un vero polo riformista
e di superare la logica feudale della sua politica.