Evangelii gaudium, 2 mesi dopo. E' tempo di avviare il processo di riforma!
"L'Evangelii
gaudium corre il rischio di tanti documenti magisteriali che sono accolti con gioia
e deferenza, ma rimangono poi solo delle buone intenzioni. Dovrebbe invece tradursi
in un atteggiamento pratico che, come ricorda Papa Francesco nella stessa esortazione,
deve essere di discernimento, purificazione e riforma. Tanto più è importante per
un testo che il Papa ci offre, al termine dell'Anno della Fede, dopo il Sinodo e a
50 anni dal Concilio, come strumento che apra una tappa nuova dell'evangelizzazione
e dischiuda dei cammini concreti". A più di due mesi dalla pubblicazione della
prima esortazione apostolica del pontificato di Papa Bergoglio, il teologo Piero
Coda, docente di teologia sistematica all'Istituto universitario 'Sophia' di Loppiano,
lancia un monito importante. "E' un'esortazione che va ripresa spesso tra le mani,
su cui bisogna riflettere e dialogare per vedere cosa dobbiamo fare per sintonizzarci
con ciò che lo Spirito, attraverso le parole del Papa, ci dice". E' d'accordo
Sergio Tanzarella, docente di storia della chiesa alla Pontificia facoltà teologica
dell'Italia meridionale. "Il rischio di non dare un seguito concreto a
questa esortazione - spiega - è insito nel testo stesso che non ci chiede tanto uno
sforzo intellettuale di lettura, quanto una profonda revisione di quello che siamo,
per ricentrare il nostro compito di evangelizzazione e attuare una profonda trasformazione
di quello che è stato fino a oggi. Molti si sono impegnati generosamente in questo
compito, ma il Papa ci dice che i modi utilizzati non sono stati efficaci e adeguati
ai tempi". "Quando il Papa al punto 18 precisa che il suo testo non è un trattato,
ma vuole avere un'incidenza pratica nella vita della Chiesa - aggiunge lo storico
- è evidente che ci chiama a un principio di responsabilità, anzi di corresponsabilità,
che richiede un impegno sconvolgente per certe fissità che si erano realizzate nel
corso dei secoli e che lui vuole rimettere in movimento". "Mi sono convinto in
questi mesi - prosegue Tanzarella - che non servano grandi manifestazioni, ma un impegno
concreto per singoli gruppi che possa cominciare una lettura attenta, progressiva,
comunitaria di questo testo. E' un cammino che le comunità devono assumere, perché
tutto va rivisto. Dobbiamo rivedere noi stessi, il cammino della nostra comunità,
della nostra diocesi. Serve una nuova autocomprensione, una nuova ecclesiologia. Ed
è un processo che va avviato da subito. Noto che in alcune parrocchie si sta avviando
ma richiederà tempo, perché è un processo che va vissuto da tutta la comunità attraverso
la lettura, la meditazione e la reazione personale. Vedo però che non c'è un grande
interesse a intraprendere questo cammino in molte comunità". "Ho sentito molte
persone che a livello personale mi dicono di star facendo una meditazione individuale
sulla Evangelii gaudium", aggiunge don Piero Coda. "Ma, non basta. Occorre mettere
in atto, realizzare - all'interno delle singole comunità religiose, parrocchiali,
dei gruppi, movimenti - dei luoghi e dei momenti in cui si prende in mano questo manifesto
programmatico, lo si legge, ci si lascia interrogare, si prega e si prendono decisioni".
"E' lo stesso Papa a dire che vuole mettere in atto un grande processo di trasformazione
missionaria della Chiesa. E sono parole di un certo peso, quindi lasciare che tutto
cada non si può", conclude don Piero Coda. "E' un processo che prima di tutto deve
partire dai vescovi, dai sacerdoti, dai responsabili di comunità, ma qualora non partisse
occorra che parta dalla base. E' il popolo di Dio che è chiamato in causa e quindi
il popolo di Dio, per il fiuto e l'olfatto che ha, deve mettersi in cammino per seguire
ciò che lo spirito oggi dice a tutta la Chiesa". (a cura di Fabio Colagrande)