Giornata di elezioni presidenziali in Salvador e Costa Rica
Primo turno delle elezioni presidenziali ieri sia in Salvador che in Costa Rica. Nel
Paese salvadoregno, le destre si presentano divise, in quello costaricano partecipa
alla competizione elettorale una nuova coalizione di sinistra, il Fronte Amplio. Nei
giorni scorsi, i vescovi di entrambi i Paesi avevano lanciato un appello alla popolazione
contro l’astensionismo. Filippo Passantino ne ha parlato col collega cileno,
Luis Badilla:
R. – Per tutti
e due i Paesi il significato è più o meno lo stesso, anche se naturalmente le condizioni
storiche sono diverse. Nel caso della Costa Rica, si tratta di una democrazia consolidata,
molto solida, molto profonda e dinamica: è l’unico Paese nel continente americano
che non ha forze armate e dove non c’è mai stato un colpo militare. Nel caso del Salvador,
ormai sono già passati molti anni e il processo di pace, dopo la guerra interna, è
andato avanticonsolidandosi, anche se non inmodocompleto.
Credo che questa elezione democratica del capo dello stato del Salvador sia un ulteriore
passo nel consolidamento di questo cammino democratico di pacificazione.
D.
– Perché i vescovi hanno lanciato un appello contro l’astensionismo?
R. – E'
un appello a votare perché esiste una tradizione abbastanza consolidata, almeno negli
ultimi anni, in particolare per i Paesi dell’America Centrale: far credere ai cittadini,
agli elettori, che i giochi politici tra i grandi partiti siano fatti. I vescovi allora
cercano di smontare questo modo di ragionare dicendo che il voto degli elettori serve.
Perché se oggi gran parte del gioco politico è in mano a tre o quattro partiti, questo
avviene proprio perché la stragrande maggioranza degli elettori poi non va a dire
come la pensa, non va a votare.
D. – Perché è più importante l’elezione dell’Assemblea
nazionale nel Costa Rica come hanno dichiarato i vescovi del luogo?
R. – Il
Congresso nazionale, la Camera unica ha fortissimi e determinanti poteri nella promulgazione
delle leggi, ma nel caso della Costa Rica le priorità sono sostanzialmente tre: la
crisi economica, che ha creato un esercito di “impoveriti”, aumentando la diseguaglianza
sociale e l’iniquità. Poi, ci sono i temi eticamente sensibili che in Costa Rica hanno
una grande importanza, come quelli sul diritto alla vita, il matrimonio, la famiglia.
Infine, un terzo tema che i vescovi hanno collocato tra le priorità riguarda l’educazione
e il fatto che il Paese ha bisogno di cittadini formati, maturi, lavoratori e anche
critici. Ma questo appello fatto dai vescovi della Costa Rica lo si potrebbe fare
per tutta l’America Latina e anche nel caso del Salvador, dove anche lì i vescovi
hanno chiamato i cittadini a votare.
D. – Quali emergenze dovrà affrontare
il nuovo presidente in Salvador?
R. – Sostanzialmente, quelle che lascia il
presidente, Maurizio Funes. Innanzitutto, la situazione economica più o meno simile
al caso della Costa Rica. Nel Salvador c’è molta povertà e anche lì c’è un problema
di iniquità sociale piuttosto forte che si lega a una seconda sfida salvadoregna,
ovvero la violenza metropolitana. In terzo luogo, l’integrazione economica regionale
che vale per tutti gli altri Paesi dell’area. Essendo Paesi molto piccoli, con pochi
abitanti, piccoli territori, le loro economie sono piccole e deboli e in un mondo
globalizzato sono destinate a perdere. Allora, l’idea che si cerca di portare avanti
in tutta la regione centroamericana è un’integrazione regionale molto profonda e accelerata,
per fare del Centro America una sola nazione, una sola economia in grado di competere.