Coordinamento Famiglie Disabili: pieno riconoscimento dello Stato al "caregiver"
Il cosiddetto caregiver, cioè colui che svolge lavoro di cura per i disabili
o comunque per le fasce più deboli, deve avere un pieno riconoscimento da parte dello
Stato. Lo chiede il Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili Gravi e Gravissimi,
che a Roma ha tenuto una conferenza stampa, dopo aver presentato un ricorso nei principali
tribunali del Paese contro l’attuale legislazione. Maura Pellegrini Rhao ha
intervistato Simoma Bellini, presidente del Coordinamento:
R. - In realtà,
abbiamo parlato soprattutto di quello che succederà da oggi in poi rispetto proprio
alla presentazione di questi ricorsi nei tribunali delle tre città da cui sono arrivate
il maggior numero delle adesioni. Quindi, non dobbiamo far altro che seguire l’iter
giuridico di questo ricorso. Contiamo di avere a breve la prima udienza - quindi nel
giro di 30 giorni al massimo - e di arrivare addirittura a sentenza massimo in un
anno, un anno e mezzo. E’ chiaro che il nostro intento non è quello di avere una risposta
giudiziaria, ma una risposta politica: lo Stato si renda conto che alle fragilità
deve rispondere non la giustizia, ma lo Stato stesso, attraverso tutta una serie di
tutele che vanno dall’assicurazione sanitaria per i lavori professionali, l’indennizzo
per il proprio lavoro di cura, che possa coprire la possibilità di contribuzione figurativa
per l’eventuale pensionamento anticipato. Quindi, tutta una serie di tutele che in
Italia assolutamente non esistono proprio perché, giuridicamente, non esiste la figura.
D.
- Vi siete dunque ispirati a qualche Paese in particolare, in cui già esiste questo
tipo di legislazione?
R. - In realtà, ogni Paese ha adattato questa legislazione
alle proprie esigenze specifiche. Faccio l’esempio della Francia, dove è molto forte,
per esempio, la rete familiare ed è la rete familiare che viene sostenuta: quindi
è più una “famiglia caregiver”. In Italia, dove invece si è un po’ polverizzato
questo supporto che c’era fino a qualche decina di anni, è chiaro che la legislazione
dovrebbe adattarsi. La Germania ha altri tipi di tutele. Non ci siamo ispirati a un
Paese in particolare, ci siamo ispirati al semplice fatto che comunque in Italia il
caregiver non esiste. Deve esistere, giuridicamente parlando, in modo tale
che poi possa avere accesso a tutti quei diritti che tutelino il lavoro di cura. E
non solo: avere addirittura accesso ai diritti fondamentali dell’uomo, perché il caregiver
in Paesi che si definiscono civili e nel terzo millennio, ancora non ha accesso
a diritti elementari, come il diritto al riposo, il diritto alla salute, il diritto
alla vita sociale.
D. - La partecipazione alle iniziative del vostro coordinamento
è attiva anche da parte di quelle persone che non sono disabili?
R. - In questi
giorni, in cui è partita la campagna di tesseramento del nostro coordinamento, ci
siamo resi conto che è aumentata in modo esponenziale l’iscrizione dei soci simpatizzanti,
che sono quelli che non vivono in prima persona la disabilità, ma che ritengono che
in un Paese civile chi si presta per il lavoro di cura debba avere comunque delle
tutele e dei riconoscimenti.