Monaco: al via la 50.ma Conferenza internazionale sulla sicurezza
Le principali questioni internazionali al centro della Conferenza sulla sicurezza
che si è aperta ieri a Monaco, in Germania. All’appuntamento, giunto all’edizione
numero 50, sono presenti una ventina di capi di stato e di governo, 90 delegazioni
e circa 50 tra ministri ed esperti. Sul valore di questo appuntamento, Eugenio
Bonanata ha intervistato Loretta Napoleoni esperta di terrorismo:
R. - Questo
è un appuntamento importante, perché ci si confronta sulle politiche che si perseguono
nei vari Paesi e c’è anche la possibilità di fare un coordinamento internazionale.
Non dimentichiamoci che il terrorismo continua ad avere una matrice internazionale.
Anche se non abbiamo visto attacchi del tipo dell’11 settembre negli ultimi 10 anni,
questo non significa che non ci sia un collegamento. Sicuramente, qualsiasi tipo di
incontro di questo genere che ben venga.
D. - Quanto conta l’informalità che
caratterizza notoriamente gli incontri che si svolgono a margine di questo vertice?
R.
- L’informalità conta molto. Durante i primi anni di lotta contro il terrorismo islamico,
proprio perché mancavano i protocolli di cooperazione tra un Paese e l’altro, quasi
tutti i contatti passavano per contatti personali. Ma ancora oggi direi che il protocollo
internazionale non c’è. Ci sono alcune direttive generali - in Europa c’è l’Europol,
c’è l’Interpol, ci sono contatti tra l’Fbi e queste organizzazioni - però, in realtà,
non c’è una istituzione internazionale che si occupi esclusivamente dell’antiterrorismo
a livello internazionale o della sicurezza a livello internazionale, ma ogni Stato
ha la sua. Quindi, i rapporti personali sono fondamentali.
D. - Sicurezza,
tecnologia, Datagate: questo sembra essere anche un lato nuovo del problema generale
della sicurezza…
R. - Noi pensiamo che la sicurezza si occupi solamente della
fuga di notizia, della fuga di segreti. In realtà, la sicurezza si è occupata anche
di quelli che clonano le nostre carte di credito… Negli ultimi 12 mesi, c’è stata
veramente un’impennata su questo tipo di attività criminale in rete. Questo, secondo
me, è un aspetto che purtroppo viene trascurato e che va sicuramente analizzato, potenziato
con più risorse. Uno dei problemi è che non esistono sufficienti ufficiali di Polizia
e delle Forze dell’Ordine che siano in grado di bloccare questo tipo di attività degli
hacker che avviene in rete. Noi ci troviamo in uno sfasamento temporale tra
l’esercito criminale degli hacker e l’esercito, invece, di chi ci dovrebbe
difendere da costoro.
D. - La tecnologia sta cambiando le dinamiche geopolitiche?
R.
- Io penso che la tecnologia possa fare molto, ma non cambiare le dinamiche geopolitiche.
Le dinamiche geopolitiche sono sempre le stesse e torniamo al discorso delle decisioni
politiche… Ecco perché la situazione in Siria ancora non si è risolta. Se la tecnologia
fosse stata in grado di saltare l’ostacolo politico, sicuramente lo avrebbe fatto.
Ma non è così. Quindi, ci troviamo - dal punto di vista proprio della soluzione di
questi problemi - dove ci trovavamo 40 anni fa, 50 anni fa o anche due secoli fa.
Alla fine, le risoluzioni sono politiche e vengono prese a tavolino da individui che
rappresentano i vari popoli.