In Friuli è ancora vivo il canto patriarchino: in preparazione un doppio CD con i
brani più significativi
E' stato presentato di recente nel Duomo di Venzone, Udine, il doppio CD del gruppo
corale-culturale “Rosas di Mont”, intitolato “Cjantis di Glesie dal popul furlan”.
Raccoglie oltre 50 canti liturgici in lingua friulana. Ora il coro è al lavoro per
la realizzazione di un CD-book che conterrà uno studio storico sul repertorio musicale
aquileiese o patriarchino della Pieve di Gorto e la registrazione audio dei brani
più significativi. La Pieve di Gorto è una delle realtà in Friuli che conserva ancora
un buon numero di tali espressioni musicali che vengono cantate nelle festività più
importanti dell'anno. Ma che cosa s'intende quando si parla di canto patriarchino?
Adriana Masotti lo ha chiesto a don Giuseppe Cargnello, direttore del
gruppo “Rosas di Mont”, e uno dei maggiori studiosi di questa tradizione:
R. – Il canto
aquileiese o il canto patriarchino, è un tipo di canto liturgico della zona del Patriarcato
aquileiese. Anticamente c’era, per esempio, anche nella nostra zona, il canto gregoriano,
come a Milano c’era il canto ambrosiano, in Francia il canto gallicano e in Spagna
il canto mozarabico. Oggi rimangono da noi ancora dei lacerti, dei frammenti, di questa
tradizione che si chiama “patriarchina”. Da cosa derivano? Non si sa. Si sa che, ad
un certo punto, Carlo Magno per unificare tutta l’Europa sotto il suo Impero ha voluto
unificare anche il rito, imponendo a tutti quello di Roma. E quindi anche il canto
di Roma. Da noi, partendo dall’Istria e arrivando fino al Veneto, e poi fino quasi
alle porte di Milano e a tutta la diocesi di Como, rimangono ancora dei canti particolari,
che tradizionalmente le comunità si tramandano. E’ tutto, però, ancora da studiare.
D.
– Ecco, ma questo tipo di canto viene utilizzato in questo momento da qualche comunità
in Friuli?
R. – Sì, sì, almeno delle piccole parti. Per esempio il nostro gruppo
ha inciso due CD con decine e decine di canti in friulano, che provengono dalla matrice
patriarchina. Si tratta del coro “Rôsas di Mont”, fiore di montagna. Noi viviamo in
Carnia, nella Pieve di Gorto, Ovaro, e da 40 anni praticamente facciamo questo lavoro,
che nella sua ottica privilegia la matrice cristiano-friulana.
D. – E che
cosa significa per la Chiesa che viene dal Patriarcato di Aquileia questa riscoperta,
questa valorizzazione i questo canto? Che cosa potrà venirne?
R. – Io penso
che quando c’è un avvicinamento all’humus popolare, al modo di sentire locale, c’è
sempre una speranza per la Chiesa, perché la Chiesa non è un rullo compressore che
deve unificare tutto, ma deve privilegiare le diversità, gettando però ponti fra le
diversità. Chi è veramente amante di una sua cultura, di un suo ethos religioso, anche
culturale, deve essere per forza una persona che getta ponti, che accetta anche gli
altri, perché capisce l’importanza profonda, umana, e quindi anche cristiana che ha
ogni cultura e ogni identità.