Domenica la Thailandia al voto nonostante il boicottaggio dell'opposizione
In Thailandia si è aperta formalmente la strada al voto di domenica, 2 febbraio, ma
Bangkok teme un aumento della tensione e della violenza. L'opposizione intanto promette
il blocco delle elezioni mentre il governo organizza contromisure. Il servizio di
Stefano Vecchia:
La decisione
definitiva di ieri del governo di procedere verso il voto del 2 febbraio ha aperto
a giornate ricche di incognite per la capitale thailandese e l'intero paese. Un voto
voluto con la certezza della vittoria, dato il boicottaggio dell'opposizione politica
e per l'ampia preferenza accordata dall'elettorato nel luglio 2011, ma anche per lasciare
aperta la possibilità di un ritorno dell'ex premier in esilio, Thaksin Shinawatra,
il cui controllo sul governo è ampiamente riconosciuto. Un voto però negato da una
dura protesta di piazza che anche la notte scorsa, per voce del suo leader Suthep
Thaugsuban, ha confermato che non concederà alcuna possibilità al governo e che il
voto non ci sarà. Almeno non nelle sue roccaforti a Bangkok e nelle provincie centrali
e meridionali del paese. L'intransigenza dell'esecutivo, la pressione portata dall'imposizione
dello stato d'emergenza sulla capitale e la scadenza dell'ultimatum per liberare un'area
governativa che scade oggi, non sono incentivi al dialogo. Ancor meno i continui atti
intimidatori e lo stillicidio di violenze che hanno avuto i manifestanti come vittime
prime e che ancora proseguono. Prima dell'alba una granata è stata lanciata contro
uno dei presidi anti-governativi provocando un ferito e questa mattina un ordigno
ha danneggiato l'abitazione di un leader dell'opposizione. Sono 10 i morti e quasi
600 i feriti dalle prime violenze il 30 novembre scorso, in buona parte manifestanti.
Vittime e un senso di oppressione che pesano, come l'inattività e per molti la collusione
della polizia con il potere attuale, e sostengono la protesta sul terreno favorevole
della capitale, finora con metodi sostanzialmente nonviolenti. Se i prossimi giorni
fossero di repressione o di ulteriori attacchi l'atteggiamento potrebbe cambiare e
le concomitanti manifestazioni filo-governative già annunciate potrebbero far crescere
il livello della tensione. I manifestanti non nascondono la speranza di coinvolgere
le forze armate, ma questo richiederebbe un'escalation della violenza, applicata o
subita.