"Sono vicende
che ci aiutano a sfatare il mito degli italiani 'brava gente'. Sono infatti i fascisti
ad arrestare centinaia di ebrei dopo la razzia nazista del 16 ottobre. Ed è la gente
comune che si vuole impadronire dei beni dei concittadini ebrei per campare a spese
loro". La storica Anna Foa, docente all'Università Sapienza di Roma,
ha ricostruito i fatti del rastrellamento e della persecuzione degli ebrei nella capitale,
durante i nove mesi dell'occupazione nazista, nel libro 'Portico d'Ottavia 13',
dedicato alla storia di un edificio del Ghetto romano e dei suoi abitanti. Pagine
che, nel Giorno della Memoria, aiutano a riscoprire l'orrore di quei giorni oltre
i luoghi comuni. "Altri mille ebrei della Comunità di Roma furono arrestati dopo
la drammatica razzia del 16 ottobre '43 e gli arresti successivi furono quasi tutti
opera di fascisti italiani, bande di criminali e gente di malaffare che aveva deciso
di lucrare su questa vicenda e si faceva pagare per ogni ebreo catturato, dando vita
a una vera e propria 'caccia all'uomo'. Ad aiutarli furono le leggi approvate dal
regime di Salò a Verona che chiedevano di arrestare tutti gli ebrei, italiani e stranieri,
considerati nemici". "E' vero che molti abitanti di questo palazzo del Ghetto,
come di altri, - racconta ancora Anna Foa - nelle ore della razzia nazista trovarono
rifugio nella parrocchia romana di S. Benedetto al Gazometro, dove il parroco don
Gregorini generosamente aprì le porte della chiesa agli ebrei. Ma ci furono anche
delazioni di ogni tipo e persone che cercarono di appropriarsi dei negozi degli ebrei
e di saccheggiare le loro poche cose". "C'è anche da notare - conclude la storica
- che grazie all'opera di ricovero e accoglienza degli ebrei compiuta da molte strutture
ecclesiastiche, si creò una convivenza forzata che si trasformò in familiarità, in
amicizia nuova fra ebrei e cattolici, forse uno dei germi del dialogo avviato più
tardi dal Concilio". (a cura di Fabio Colagrande)