“Direzione periferia. I primi passi di Papa Francesco”, l'ultimo libro di Paolo Fucili
“Direzione periferia. I primi passi di Papa Francesco”: è il titolo dell’ultimo libro
di Paolo Fucili, vaticanista di Tv2000. Edito da Elledici, il volume propone uno sguardo
d’insieme sui primi e intensi mesi di Pontificato di Papa Bergoglio. Sui temi principali
del libro, ascoltiamo lo stesso Paolo Fucili intervistato da Antonella Pilia:
R. – Quello
che sicuramente colpisce è il grande favore popolare che si è conquistato Francesco
con la sua semplicità e il suo stile molto diretto, cordiale; l’attenzione che sa
mostrare alle persone, la sua grande apertura all’umanità nel bene e nel male, in
tutte le sue sfaccettature. E la gente ha percepito questo. Mi viene in mente una
riflessione del predecessore, Benedetto XVI, quando diceva: “La ragione può pure conquistare
e averla vinta, però da qualche parte il dissenso rimane sempre”. Ci vuole l’amore,
la migliore apologia del cristianesimo è l’amore, l’attenzione alla persona. Ed è
proprio quello che la gente, secondo me, ha percepito in Francesco.
D. – Quindi,
da questo punto di vista, possiamo dire che Benedetto e Francesco sono in qualche
modo complementari?
R. – Hai detto bene: complementarietà. Penso che Francesco
– l’ha detto lui stesso tante volte – senta di avere un debito di grande gratitudine
nei confronti del predecessore. Pensate a quando ha menzionato il suo terzo volume
della trilogia sul Gesù di Nazareth, dicendo che Benedetto XVI ha spiegato benissimo,
in sostanza, l’Epifania: una festa importantissima, una sintesi di tutto il cristianesimo.
Chiaramente Papa Francesco e Ratzinger sono personalità diverse, ognuno ha avuto il
suo ruolo e hanno affrontato stagioni diverse: forse è stata più problematica quella
del passato, mentre oggi si respira un’aria più positiva, soprattutto a livello mediatico.
Non dimentichiamo il ruolo dei media, che spesso sono capaci in qualche modo di distorcere
alcune situazioni e presentarle in maniera troppo unilaterale.
D. – Alla tematica
dei poveri, e delle cosiddette “periferie”, come suggerisce il titolo stesso, è dedicato
gran parte del tuo libro...
D. – La periferia è una metafora di carattere geografico,
urbanistico, che probabilmente non finiremo mai di esplorare. In fondo, tutto il cristianesimo
è la religione del sovvertimento del punto di vista della prospettiva centro-periferia,
se pensiamo al Magnificat e alle Beatitudini. Ma c’è anche, in qualche modo, una reminiscenza
geografica in questa metafora da parte di Papa Bergoglio perché lui viene da un ambiente,
quello latino-americano, dove esistono megalopoli sterminate. Penso a Rio de Janeiro,
città di 15, 20 milioni di abitanti. Le periferie lì sono ambienti vitali eppure immensi,
pieni anche di problemi, di disagi. E poi c’è il tema della povertà: sicuramente il
Papa ha introdotto in questo senso una sensibilità diversa da quella europea, venendo
da un ambiente dove ci sono grandi squilibri sociali. Ci ha contagiato! Siamo in un
momento di crisi economica, ma penso di poter dire che stiamo tutti in qualche modo
riscoprendo la sobrietà e, forse, in tutto questo, non è proprio così irrilevante
il ruolo che ha avuto Francesco.
D. – Altro capitolo interessante che emerge
è quello del linguaggio “bergogliano”, con i tanti verbi di moto a luogo, uno stile
sciolto e informale, ma anche con la sua fantasia creativa...
R. – E’ bellissima
questa fantasia del Papa, perché veramente sa inventare parole, concetti, immagini,
che poi rimangono molto impressi. Noi giornalisti spesso facciamo sintesi in maniera
brutale. Con Papa Francesco basta riprendere le sue immagini e nelle sue immagini
c’è tutto: pensiamo ad esempio ai pastori con l’odore delle pecore... E poi c’è anche
questo uso costante dei verbi di movimento, anziché di stasi. Questa è l’immagine
della Chiesa che vuole trasmettere Francesco, e probabilmente ha toccato così una
sensibilità che forse era un po’ sopita, ma evidentemente è viva: la percezione cioè
del bisogno di uscire, della nuova evangelizzazione. Francesco ha saputo interpretare
questa sensibilità con molta efficacia.