2014-01-26 11:06:03

Civiltà Cattolica, incontro sul crimine organizzato. Padre Larivera: "Questione che riguarda tutti"


Hanno un giro di affari di 870 miliardi di dollari all’anno, sono una minaccia per la pace, lo sviluppo e i diritti umani: si tratta delle reti criminali di tutto il mondo che, come Papa Francesco ha ricordato in occasione della Giornata Mondiale della Pace, “offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato”. Del tema si è discusso sabato scorso presso la sede della rivista dei gesuiti “La Civiltà Cattolica”, durante un incontro intitolato “Criminalità transnazionale, una sfida per la Chiesa”. Al microfono di Davide Maggiore, padre Luciano Larivera, scrittore della rivista, ha elencato i danni sociali causati dalle organizzazioni criminali:RealAudioMP3

R. – Attraggono giovani, propongono un modo di concepire il lavoro dove non ci sono diritti sindacali, rappresentanza, dove c’è un abbassamento di una cultura, non solamente sul senso dell’umanità, ma sul senso della fraternità, dei ruoli della rappresentanza sindacale, del lavorare insieme in politica. Di fatto, ognuno deve legarsi ad un’entità, che comunque ti tratta da subumano o perlomeno, anche se sei affiliato, la tua vita non vale niente. Quindi il lavoro di educazione, di prevenzione è proprio per riuscire a dare un senso di appartenenza a realtà vive, vere, fraterne. Avere un senso della propria dignità fa sì che uno ad un certo punto, se non ha proprio una repulsione, perlomeno non ha attrazione per certe seduzioni.

D. – La criminalità organizzata è una sfida sempre più grande per le istituzioni, va affrontata non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. In questo quadro, come può la Chiesa contribuire a contrastare la criminalità?

R. – Da un lato, ogni singola diocesi, come diceva don Peppino Diana, e anche, in fondo, ogni parrocchia, in qualche modo deve elaborare un’analisi del proprio territorio, capire quali sono le persone più esposte all’usura, quali sono le dinamiche del proprio territorio; capire come si può intervenire nel tessuto sociale per prevenire, per aiutare fondazioni antiusura, per aiutare i ragazzi a trovare occupazione da altre parti. E’ davvero un lavoro da fare capillarmente: nelle diocesi, nelle parrocchie, dalle Conferenze episcopali, fino al livello mondiale. Credo che ormai la consapevolezza della gravità sia forte.

D. – Ci sono anche tanti esempi di iniziative concrete, iniziative sul territorio, portate avanti da congregazioni religiose o anche da singoli religiosi...

R. – Molti operatori pastorali vengono anche uccisi e subiscono minacce. C’è ad esempio tutto il lavoro con le persone che vengono sfruttate e l’assistenza alle persone che subiscono la tratta. Ci sono tante iniziative pastorali, concrete. Ci sono operatori gesuiti, associazioni che lavorano con le persone, che vengono portate dal confine messicano a quello americano, per sostenerle durante il cammino, senza fare cose illecite, ma prendendosi cura proprio dei bisogni emergenziali, a volte. E poi gli esempi non mancano: il Meridione, tutto il discorso che si fa con le scuole, e il discorso degli oratori sarebbe fondamentale.

D. – Alla criminalità organizzata transnazionale Papa Francesco ha fatto riferimento in più occasioni. Ad esempio, quando ha parlato della corruzione o contro il traffico di esseri umani. L’ultima occasione è stato il messaggio per la Giornata mondiale della pace, che ha fatto notare come le reti criminali mettano a rischio la fraternità stessa...

R. – Distruggono proprio le cose più fondamentali, cioè la fiducia, il rispetto della dignità umana, il patto di umanità. La morte dell’altro è considerata quasi come un gioco, irrilevante. Il Papa però distingue bene: il crimine, i peccatori criminali e soprattutto le vittime, ovviamente. Quindi c’è una questione che riguarda tutti alla fine: capire come aiutare le persone ad uscire dal crimine. È una sfida grande, però a Los Angeles lo stanno facendo con le gang ed anche in America Latina.

D. – Abbiamo detto che è una sfida di tutti. In questo senso, possiamo far riferimento ad altre parole del Papa, quelle che hanno denunciato la “globalizzazione dell’indifferenza”. Questo certamente è un terreno in cui la criminalità può prosperare...

R. – La globalizzazione porta fenomeni nuovi che coinvolgono tutti. Il traffico di droga, di clandestini riguarda tutti, sono crimini internazionali. Allora: non essere indifferenti a cosa ci sia dietro il fenomeno e non far sì che diventi una cultura condivisa, verso la quale tutti chiudiamo un occhio, e quindi esserne complici. A volte anche l’indifferenza può essere un meccanismo di difesa psicologica davanti alla gravità, all’enormità dei rischi nel contrasto o del fenomeno in sé. Si rinuncia, però, a capire cosa si vuole veramente dalla vita. Noi siamo disposti in qualche modo a dare la vita per il bene degli altri? E’ una sfida grande: tocca proprio la speranza cristiana, tocca proprio la testimonianza.

Ultimo aggiornamento: 27 gennaio







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