"Per noi è una settimana
di grande gioia, perché ogni giorno celebriamo e preghiamo con i nostri amici ecumenici".
Così il Pastore luterano Jens Martin Kruse della Comunità evangelica luterana
di Roma, testimonia l'importanza spirituale dell'ottavario di preghiera
per l'unità dei cristiani che si conclude sabato 25 gennaio. "Noi siamo una
realtà piccola - spiega - circa 500 membri. Diciamo sempre che siamo pochi, ma buoni!
Siamo cristiani da tutto il mondo, la maggioranza tedeschi. Siamo impegnati in attività
sociali per bambini e adulti e in molte attività ecumeniche". "Con Papa Francesco
- spiega il pastore Kruse - sono convinto che 'l'ecumenismo non deve essere mera diplomazia
o un adempimento forzato ma via imprescindibile all'evangelizzazione'. Il Papa è un
vero pastore e sa quanto dobbiamo collaborare per aiutare i poveri e gli anziani,
per realizzare un vero ecumenismo di vita", spiega il pastore luterano. "Importanti
sono però anche i progressi nel dialogo teologico compiuti nel 2013 con la pubblicazione,
da parte della Commissione teologica luterana-cattolica, del documento 'Dal conflitto
alla comunione'. Il 2017, anno in cui celebreremo insieme i 500 anni della Riforma,
potrebbe essere importante per l'ecumenismo. Dobbiamo risolvere i problemi teologici
perché queste differenze creano ferite. Per esempio nelle coppie miste che non possono
celebrare insieme l'Eucarestia", conclude il pastore Kruse. "Nella veglia ecumenica
di giovedì 23 gennaio ai Santi Martiri dell'Uganda, qui a Roma- spiega don Marco
Gnavi, direttore dell'ufficio per l’ecumenismo e il dialogo del Vicariato -
si sono levate intenzioni di lode e ringraziamento, da parte di ciascuna comunità
cristiana, per il dono che gli altri rappresentano per noi. C'erano ortodossi di
varie nazionalità e chiese autocefale, luterani, anglicani, evangelici. Nel microcosmo
della veglia è stato rappresentato il macrocosmo ecumenico". "Insieme ai nostri
fratelli riformati e ortodossi - spiega don Gnavi - dobbiamo seguire l'invito del
Papa e chiederci come possiamo portare speranza in un mondo frammmentato e contrapposto.
Perché, insieme alla coscienza teologica delle radici di ciascuno di noi, il mondo
aspetta da noi una risposta credibile, persuasiva, carica d'amore, per chi non conosce
Gesù e per chi è ferito dalla vita. Il cammino teologico va accompagnato da quello
della Carità. Verità e Carità sono due sorelle che non possono essere disgiunte".
Sul fronte del dialogo fra cattolici e ortodossi va sottolineata l'importanza del
gesto che Papa Francesco compirà prossimamente a Gerusalemme incontrando il Patriarca
ecumenico Bartolomeo, a 50 anni dall'abbraccio fra Paolo VI e Atenagora da cui nacque
l'abrogazione delle reciproche scomuniche. "Dobbiamo essere consapevoli dei fatti
drammatici che sono avvenuti con lo scisma del 1054, ma altrettanto dell'importanza
del dialogo fra cattolici e ortodossi che hanno vissuto insieme i primi mille anni
di storia della Chiesa", spiega mons. Siluan Span, vescovo della diocesi ortodossa
romena d’Italia."Il fatto di essere consapevoli di questa separazione
ha determinato incontri sempre più aperti e fraterni nel cuore della vita della fede.
Noi cristiani ortodossi, che viviamo in Italia, lo scopriamo ogni giorno nell'accoglienza
che riceviamo nelle chiese cattoliche di tradizione romana, nel dialogo fra parroci
cattolici e ortodossi. Il fatto che una badante romena ortodossa legga il breviario
cattolico assieme a una signora italiana, anziana e malata, è un gesto che crea un
dialogo profondo che va al di là delle istituzioni". (a cura di Fabio Colagrande)