2014-01-24 19:24:32

Egitto: attentati e scontri con vittime, nel terzo anniversario dalla rivolta contro Mubarak


Bagno di sangue in Egitto, sconvolto da quattro attentati e scontri fra polizia e manifestanti pro - Morsi, alla vigilia delle celebrazioni per il terzo anniversario della rivolta che porto' alla caduta dell'ex presidente Mubarak; oltre 10 le vittime. Pesanti i danni. Stato di massima allerta in tutto il paese. I particolari da Paola Simonetti: RealAudioMP3

Quattro nuovi attentati hanno seminato terrore e morte al Cairo, in un clima di tensione per il terzo anniversario della rivolta che ha provocato la caduta dell'ex presidente Mubarak. Il più grave, quello messo a segno da un kamikaze, il primo della storia recente dell'Egitto: a bordo di un'auto imbottita di esplosivo un uomo nel Dipartimento di sicurezza della capitale egiziana ha fatto strage di agenti. Altri ordigni sono esplosi in diverse zone della città. Decine le vittime, se si contano anche quelle provocate dagli scontri tra manifestanti pro-Morsi e polizia, a Beni Suef, Damietta e Fayyum, a sud del Cairo. Decine anche i feriti, di cui molti in gravi condizioni. Gli attentati della capitale sono stati rivendicati da un gruppo jihadista, i membri del quale sono stati definiti "codardi" dai Fratelli musulmani. Massima l'allerta in città con misure di sicurezza rafforzate all’aeroporto, al ministero dell’Interno, davanti alle ambasciate britannica e statunitense. Gravissimi i danni al museo islamico del Cairo, posto proprio nei pressi del quartiere generale della polizia dilaniato dall'attentato kamikaze.

Il Cairo, dunque, piomba nel terrore. Per la prima volta un’autobomba entra in azione in città. Un segnale non certo di distensione, in un momento particolare per questo Paese, che sta cercando una già difficile strada verso la normalizzazione. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Ugo Tramballi, inviato del quotidiano “Il Sole 24 Ore”: RealAudioMP3

R. - Non è la prima volta che accade un attentato di questo genere. Ce ne sono già stati altri nelle scorse settimane: questo è più sofisticato! Dimostra anche una preparazione militare e una volontà di colpire gli obiettivi che è molto, molto pericolosa.

D. - Ad essere prese di mira, infatti, sono le forze di sicurezza, le stesse che stanno tracciando - diciamo - la strada del cambiamento. Tutto questo può rallentare questo processo?

R. - Le forze di sicurezza non stanno tracciando la strada del cambiamento, ma - al contrario! - stanno ritornando e facendo ritornare l’Egitto a prima di Piazza Tahrir, tre anni fa. E questo è il problema! Non si può non tenere conto che questo fondamentalismo e questo terrorismo islamico siano anche la conseguenza delle politiche dei militari egiziani, del generale al-Sisi, che hanno tolto qualsiasi spazio politico, democratico e civile ai Fratelli musulmani: una frangia dei quali, fatalmente, si sente attratta dal terrorismo politico.

D. - A rivendicare via Twitter gli attentati di questa mattina è un gruppo jihadista che è già autore di numerosi attacchi nel Sinai. Chi sono?

R. - Oramai non c’è un solo elemento: oramai questi gruppi jihadisti sono una specie di internazionale del terrore islamico che si muove dove c’è terreno fertile: hanno combattuto in Iraq, in Afghanistan, in Siria. Il Sinai era il ventre molle da tempo e da molto tempo anche con la colpevole responsabilità del governo dei Fratelli musulmani e ora dal Sinai queste forze si riverberano anche in queste città immense, come il Cairo. Non dimentichiamo che comunque i Fratelli musulmani avevano e continuano ad avere un amplissimo consenso popolare, molto capillare, sia nelle campagne che nelle grandi città.

D. - C’è ancora spazio per il dialogo o è davvero troppo tardi?

R. - Temo di no! Temo che oramai si vada sempre di più verso lo scontro e sempre più forte. Io temo che il generale al-Sisi, che ha già anticipato le elezioni presidenziali per il mese di marzo, anziché la prossima estate, si candiderà: e non solo si candiderà alla presidenza e prenderà un voto plebiscitario, ma si candiderà senza dimettersi dalle Forze Armate. Quindi avremo un generale che comanderà in un Paese importantissimo ed essenziale per il Mediterraneo.







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