Ucraina nel caos. Oggi scade l'ultimatum dei manifestanti: nuove elezioni o parte
offensiva
Notte senza scontri a Kiev, ma stasera scade l'ultimatum di 24 ore che l'opposizione
ucraina ha lanciato al presidente Ianukovich dopo i violenti scontri degli ultimi
giorni tra polizia e manifestanti nel centro di Kiev in cui sono morte cinque persone.
I leader dell'opposizione hanno chiesto al capo di Stato di indire nuove elezioni,
altrimenti i manifestanti "passeranno all'offensiva". Nel frattempo Usa e Ue hanno
minacciato di imporre sanzioni al governo ucraino, scatenando la dura reazione di
Mosca, che ha parlato “intollerabili interferenze straniere”. Una situazione, dunque,
di grande tensione. Ma può avere ripercussione tutto questo sui già fragili rapporti
tra Mosca, Washington e Bruxelles? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fulvio
Scaglione, vice-direttore di Famiglia Cristiana, esperto di Est europeo:
R. – Sicuramente,
anche perché la questione ucraina ha ormai preso una piega drammatica, come sappiamo
dai morti. Quindi, drammatica nelle strade, nelle piazze, ma drammatica anche dal
punto di vista politico, perché mentre le autorità ucraine hanno reagito con violenza,
dall’altra parte bisogna riconoscere di come sia rituale dei dirigenti importanti
delle istituzioni europee andare in Ucraina a sostenere i dimostranti.
D. –
Queste frizioni che sono in corso in questo momento tra Washington e Mosca, invece,
sono pericolose?
R. – Sono pericolose, nel senso che certamente sono un fattore
violento di instabilità. Sono, però, anche le frizioni che registriamo ovunque ci
siano degli interessi contrastanti e, praticamente, interessi contrastanti tra Stati
Uniti e Russia ci sono ovunque. Basti pensare alla Siria - nella conferenza di Ginevra
in corso, le posizioni tra russi e americani sono lontanissime - basti pensare all’Iran,
basti pensare a qualunque situazione in cui gli interessi strategici dei due Paesi
siano divergenti e, ripeto, lo sono praticamente sempre.
D. – La situazione
che si è venuta a creare evidenzia ancora di più che l’Ucraina resta un Paese dalle
due anime. Non si tratta solo del patto di adesione all’Unione Europea o di interessi
economici, che vengono mossi dalle grandi potenze, ma ci sono anche delle enormi differenze
all’interno del Paese...
R. – Assolutamente, basta seguire il corso del fiume
Dnepr e si trovano due Paesi diversi. Se ne trova uno ad Est molto più russofilo,
anche russofono ed economicamente più legato alla struttura che fu dell’Urss, che
con una parziale riforma è poi diventata quella russa. Mentre ad Ovest del Dnepr c’è
un’Ucraina, che ha tutt’altra economia più orientata sui servizi, più moderna possiamo
dire, e certamente più incline a guardare ad Occidente. Va detto che c’è un’ulteriore
sottolineatura, che andrebbe tenuta in conto, prima di emettere giudizi, ed è che
all’interno del fronte di opposizione e di protesta ci sia un fronte filoeuropeo ed
un fronte soprattutto antirusso. Questa è una differenza un po’ sottile, ma non ininfluente.
D.
– C’è il rischio che dalle proteste si passi a qualcosa di più pericoloso e in che
modo sarebbe possibile in questo momento procedere verso un vero atto di riconciliazione?
R.
– Il timore che possa succedere anche di peggio di quello che è successo finora ce
l’ho, perché registro con grossa preoccupazione, e anche con un certo scandalo, che
tutti giocano sulla pelle degli ucraini: gli americani, i russi, in parte anche i
funzionari e i dirigenti dell’Unione Europea, che stanno tutti buttando benzina su
un fuoco, che decisamente può divampare. Credo che le cancellerie, soprattutto quelle
delle potenze, dovrebbero fare l’operazione opposta: dovrebbero calmare la situazione
e semmai poi discutere di politica. La questione dell’Ucraina, infatti, non si risolve
in un patteggiamento a due, tra Ucraina e Unione Europea, ma si risolve in un patteggiamento
almeno a tre, cioè fra Russia, Unione Europea ed Ucraina. L’Ucraina, infatti, sconta
anche l’irrisolto e spesso critico rapporto che c’è proprio tra la Russia e l’Unione
Europea.