2014-01-23 13:18:09

Siria. Mons. Tomasi: l'unica alternativa alla guerra è il dialogo, positivo l'inizio dei negoziati


Sui risultati della Conferenza di Montreux per la pace in Siria e alla vigilia dei negoziati diretti tra governo di Damasco e opposizione armata, Gabriele Beltrami ha raccolto il commento di mons. Silvano Maria Tomasi, presente all’incontro come capo della Delegazione della Santa Sede: RealAudioMP3

R. - Si è conclusa la Conferenza Internazionale sulla Siria a Montreux, detta Ginevra 2, che ha cercato di dare un messaggio e mettere delle priorità nella ricerca di pace nella Siria e nel Medio Oriente. Una quarantina di Paesi hanno partecipato a questo evento attraverso la presenza dei loro ministri degli Esteri. I lavori della Conferenza sono stati diretti personalmente dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, alla presenza del segretario di Stato americano John Kerry e del ministro degli Esteri della Federazione Russa Lavrov. Hanno dato un messaggio forte, assieme a tutti gli altri ministri presenti e delegazioni di Paesi: la Comunità internazionale vuole che si arrivi ad una soluzione operativa, pratica, del conflitto in Siria. Questo messaggio forte della comunità internazionale speriamo porti frutto nei prossimi 2-3 giorni, quando per la prima volta s'incontreranno a Ginevra la delegazione del governo di Bashar El Assad e la delegazione dell'opposizione.

D. - Quali sono stati, secondo lei, i punti forza di questo incontro di Montreux?

R. - Il fatto che la Conferenza è stata tenuta è già, di per sé, un passo molto positivo perché mostra che, nonostante le forti divergenze che esistono e l'animosità quasi in certi momenti tra espressioni di un gruppo o dell'altro che sono in campo nel conflitto siriano c'è l'urgenza di cominciare a parlare. Allora questa sensibilità della Comunità internazionale ha preso forme molto concrete: quasi tutti i Paesi sono intervenuti e hanno fatto delle dichiarazioni ufficiali che impegnano questi governi a ingaggiarsi nella ricerca della pace. Tra le priorità elencate in tutti questi interventi, c'è anzitutto la convinzione unanime che non c'è una soluzione militare nel conflitto siriano: bisogna cercare un'alternativa, che è quella del dialogo. Secondo, si è affermato da parte di quasi tutti che il primo passo richiesto dalla sofferenza delle famiglie che hanno avuto più di 130 mila morti e che sono in esilio - perché ci sono milioni di rifugiati - è il cessate-il-fuoco, ponendo fine a questo ammazzarsi, a questa distruzione continua che sta andando avanti. Allo stesso tempo, un terzo punto - che è stato ribadito con forza - è quello di avere un accesso immediato agli aiuti umanitari per tutte le persone che ne hanno bisogno in Siria: dato che scuole, ospedali, cliniche sono state distrutte e quindi mancano i medicinali, mancano gli aiuti di prima necessità e, in certi posti, manca anche il cibo per la popolazione. Se non si trova una strada immediata di apertura totale di accesso alle persone bisognose, almeno che ci siano dei corridoi umanitari attraverso i quali strutture internazionali, come l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, possano agire.

D. - Negli interventi dei delegati a Montreux non sono mancate tensioni e accuse reciproche: ritiene che ciò influirà sui lavori che continueranno a Ginevra?

R. - Certo, nello scambio di opinioni, di punti di vista e di interpretazioni del conflitto, durante questa giornata molto intensa e interessante che abbiamo speso a Montreux, ci sono state espressioni molto dure, attacchi reciproci, però alla fine la delegazione del governo siriano ha riaffermato la sua volontà di incontrarsi venerdì con l'opposizione e l'opposizione ha fatto la stessa, così che per la prima volta abbiamo un incontro delle parti in conflitto che può portare a un minimo di accordo, che potrebbe essere quello, appunto, di porre fine - se non in tutto il territorio della Siria, cominciare almeno in una parte - ad atti di violenza e di distruzione, cominciando così un processo graduale di intesa che porti soprattutto ad accettare quello che è posto come condizione preliminare da parte di tutti, praticamente: l'attuazione del comunicato e degli accordi di Ginevra 1, che richiede un governo di transizione, un inizio di lavoro per una nuova Costituzione e, quindi, elezioni libere. Su questa strada è possibile mettere le premesse per la costruzione della pace in Siria. C'è molto da fare! Siamo agli inizi, ma il bilancio di questa giornata - secondo me - è abbastanza positivo, nel senso che c'è la comunità internazionale impegnata a sostenere con nuovi e sostanziali impegni finanziari le esigenze di assistenza umanitaria; la volontà politica di appoggiare il processo di pace e di sostenerlo in tutte le maniere possibili; c'è il primo incontro tra le parti in conflitto, perché la soluzione del problema della Siria deve venire dai siriani: sono loro che devono programmare il loro futuro e la comunità internazionale può aiutarli, ma è da loro che deve venire la risposta. Infine, direi, c'è questa invocazione universale da parti di quelli che soffrono, dei morti, delle vittime, dei bambini, che a centinaia di migliaia sono stati costretti a scappare, che tocca la coscienza del mondo e che per solidarietà e per dovere umanitario ci impone di muoverci nella direzione della pace.







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