Siria. Mons. Tomasi: l'unica alternativa alla guerra è il dialogo, positivo l'inizio
dei negoziati
Sui risultati della Conferenza di Montreux per la pace in Siria e alla vigilia dei
negoziati diretti tra governo di Damasco e opposizione armata, Gabriele Beltrami
ha raccolto il commento di mons. Silvano Maria Tomasi, presente all’incontro
come capo della Delegazione della Santa Sede:
R. - Si è
conclusa la Conferenza Internazionale sulla Siria a Montreux, detta Ginevra 2, che
ha cercato di dare un messaggio e mettere delle priorità nella ricerca di pace nella
Siria e nel Medio Oriente. Una quarantina di Paesi hanno partecipato a questo evento
attraverso la presenza dei loro ministri degli Esteri. I lavori della Conferenza sono
stati diretti personalmente dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon,
alla presenza del segretario di Stato americano John Kerry e del ministro degli Esteri
della Federazione Russa Lavrov. Hanno dato un messaggio forte, assieme a tutti gli
altri ministri presenti e delegazioni di Paesi: la Comunità internazionale vuole che
si arrivi ad una soluzione operativa, pratica, del conflitto in Siria. Questo messaggio
forte della comunità internazionale speriamo porti frutto nei prossimi 2-3 giorni,
quando per la prima volta s'incontreranno a Ginevra la delegazione del governo di
Bashar El Assad e la delegazione dell'opposizione.
D. - Quali sono stati,
secondo lei, i punti forza di questo incontro di Montreux?
R. - Il fatto che
la Conferenza è stata tenuta è già, di per sé, un passo molto positivo perché mostra
che, nonostante le forti divergenze che esistono e l'animosità quasi in certi momenti
tra espressioni di un gruppo o dell'altro che sono in campo nel conflitto siriano
c'è l'urgenza di cominciare a parlare. Allora questa sensibilità della Comunità internazionale
ha preso forme molto concrete: quasi tutti i Paesi sono intervenuti e hanno fatto
delle dichiarazioni ufficiali che impegnano questi governi a ingaggiarsi nella ricerca
della pace. Tra le priorità elencate in tutti questi interventi, c'è anzitutto la
convinzione unanime che non c'è una soluzione militare nel conflitto siriano: bisogna
cercare un'alternativa, che è quella del dialogo. Secondo, si è affermato da parte
di quasi tutti che il primo passo richiesto dalla sofferenza delle famiglie che hanno
avuto più di 130 mila morti e che sono in esilio - perché ci sono milioni di rifugiati
- è il cessate-il-fuoco, ponendo fine a questo ammazzarsi, a questa distruzione continua
che sta andando avanti. Allo stesso tempo, un terzo punto - che è stato ribadito con
forza - è quello di avere un accesso immediato agli aiuti umanitari per tutte le persone
che ne hanno bisogno in Siria: dato che scuole, ospedali, cliniche sono state distrutte
e quindi mancano i medicinali, mancano gli aiuti di prima necessità e, in certi posti,
manca anche il cibo per la popolazione. Se non si trova una strada immediata di apertura
totale di accesso alle persone bisognose, almeno che ci siano dei corridoi umanitari
attraverso i quali strutture internazionali, come l'Alto Commissario delle Nazioni
Unite per i Rifugiati, possano agire.
D. - Negli interventi dei delegati a
Montreux non sono mancate tensioni e accuse reciproche: ritiene che ciò influirà sui
lavori che continueranno a Ginevra?
R. - Certo, nello scambio di opinioni,
di punti di vista e di interpretazioni del conflitto, durante questa giornata molto
intensa e interessante che abbiamo speso a Montreux, ci sono state espressioni molto
dure, attacchi reciproci, però alla fine la delegazione del governo siriano ha riaffermato
la sua volontà di incontrarsi venerdì con l'opposizione e l'opposizione ha fatto la
stessa, così che per la prima volta abbiamo un incontro delle parti in conflitto che
può portare a un minimo di accordo, che potrebbe essere quello, appunto, di porre
fine - se non in tutto il territorio della Siria, cominciare almeno in una parte -
ad atti di violenza e di distruzione, cominciando così un processo graduale di intesa
che porti soprattutto ad accettare quello che è posto come condizione preliminare
da parte di tutti, praticamente: l'attuazione del comunicato e degli accordi di Ginevra
1, che richiede un governo di transizione, un inizio di lavoro per una nuova Costituzione
e, quindi, elezioni libere. Su questa strada è possibile mettere le premesse per la
costruzione della pace in Siria. C'è molto da fare! Siamo agli inizi, ma il bilancio
di questa giornata - secondo me - è abbastanza positivo, nel senso che c'è la comunità
internazionale impegnata a sostenere con nuovi e sostanziali impegni finanziari le
esigenze di assistenza umanitaria; la volontà politica di appoggiare il processo di
pace e di sostenerlo in tutte le maniere possibili; c'è il primo incontro tra le parti
in conflitto, perché la soluzione del problema della Siria deve venire dai siriani:
sono loro che devono programmare il loro futuro e la comunità internazionale può aiutarli,
ma è da loro che deve venire la risposta. Infine, direi, c'è questa invocazione universale
da parti di quelli che soffrono, dei morti, delle vittime, dei bambini, che a centinaia
di migliaia sono stati costretti a scappare, che tocca la coscienza del mondo e che
per solidarietà e per dovere umanitario ci impone di muoverci nella direzione della
pace.