Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali, mons. Celli: dialogo non significa
relativismo
Il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
del prossimo primo giugno è stato presentato ieri nella Sala Stampa della Santa Sede.
A riflettere sul tema “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”,
al centro dell’evento, mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio
delle Comunicazioni Sociali, e Chiara Giaccardi, docente alla facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, introdotti dal direttore
della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Giada Aquilino:
Il primo Messaggio
che Papa Francesco scrive in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali trova radici nei discorsi che il Pontefice l’estate scorsa ha tenuto in Brasile,
rivolgendosi ai vescovi locali e a quelli del Celam, nell’Esortazione Apostolica Evangelii
Gaudium e nella parabola evangelica del Buon Samaritano. Lo ha sottolineato mons.
Claudio Maria Celli, secondo cui il documento appare “profondamente francescano”,
riscoprendo tra l'altro che “comunicazione è favorire prossimità”:
“Non
è solamente comunicazione di dati, una comunicazione informativa, ma c’è questa valenza
profondamente umana: quella di una prossimità. Proprio su questa ‘falsariga’ del Vangelo
di Luca, Papa Francesco può sottolineare che chi comunica si fa prossimo. E il Buon
Samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto
sul ciglio della strada. E quindi, ecco l’altra sottolineatura: comunicare significa
prendere consapevolezza di essere umani e di essere figli di Dio”.
Rispondendo
alle domande dei giornalisti, soffermatisi sull’invito del Papa alla pazienza, a ricuperare
- di fronte alla velocità dell’informazione del mondo globalizzato - “un certo senso
di lentezza e di calma”, mediante la capacità a “fare silenzio per ascoltare”, mons.
Celli ha riflettuto su come si possa oggi “valutare, ponderare, assimilare” ciò che
“arriva” dai media, attraverso “una dimensione più umana” anche nell'uso dei mezzi
che la tecnologia mette a disposizione. E sull’affermazione del Pontefice che dialogare
non significa rinunciare “alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano
uniche e assolute”, mons. Celli ha notato come tale concetto sia “in sintonia con
tutto quello che è stato l'insegnamento della Chiesa”, ricordando anche precedenti
interventi al riguardo di Benedetto XVI:
“Non parliamo di un relativismo:
direi che oggi ormai è diventato quasi un cliché, quando si analizzano certi discorsi
di Papa Francesco. Secondo me, qui proprio è il capire che non è la dimensione della
fede e del Vangelo che si relativizza, ma come io vivo il Vangelo
e vivo quella fede”.
In questo contesto si inserisce la “cultura dell’incontro”,
sollecitata dal Santo Padre e su cui si è soffermata la prof.ssa Chiara Giaccardi,
notando come la parola ‘incontro’ sia “programmatica” nell’Evangelii Gaudium - in
cui ricorre una trentina di volte - e “fondamentale” per rileggere la comunicazione
e i suoi mezzi. In particolare la rete, ha detto, “costruisce un ambiente che dobbiamo
essere capaci di abitare”:
“Il Papa ci dice anche questo: non è che la rete
toglie spazio alle relazioni faccia a faccia, ma la sfida è come valorizzare l’incontro,
utilizzando sia le strade digitali sia le strade in cui possiamo incontrare faccia
a faccia. Questa è quindi una prima sottolineatura: evitare il determinismo e dare
il primato, invece, alla dimensione antropologica. La seconda anche è molto importante,
e secondo me è una piccola ‘rivoluzione copernicana’ che rompe un luogo comune: la
comunicazione non è trasmissione di contenuti, ma è riduzione di distanze, costruzione
di prossimità”.
Direttamente collegato è il tema dell’‘ascolto’, nel flusso
vorticoso dell’informazione :
“Alcuni canali hanno l’obbligo della velocità,
però c’è anche lo spazio per l’ascolto, l’approfondimento, la comprensione. Quindi,
credo che non sia la corsa di tutti ad arrivare primi, oggi, ciò che può definire
in maniera positiva lo scenario della comunicazione; credo che ci si debba rassegnare
al fatto che primi arriveranno alcuni e che altri hanno altri ruoli, i quali invece
contemplano, anzi, richiedono questa pazienza di ricostruire contesti, di ascoltare
le voci, di offrire piste di interpretazione che magari non portano a un giudizio
definitivo ma che aiutano a comprendere”.