Reato di clandestinità: parziale soddisfazione della Caritas per il voto di abrogazione
del Senato
L’abrogazione in seconda lettura, martedì al Senato, del reato di clandestinità è
un atto di civiltà che ci avvicina all’Europa: così si è espressa il ministro per
l’Integrazione, Cecile Kyenge, dopo il voto che, a stragrande maggioranza, trasforma
l’ingresso illegale da reato penale a illecito amministrativo punito con l'espulsione,
come era previsto nella legge Bossi-Fini. Di tutt’altro parere esponenti della Lega,
che hanno votato contro, e la Confederazione sindacale autonoma di Polizia, per la
quale l’abrogazione è un deciso passo indietro che sancisce lo status di “colabrodo”
delle frontiere dell’Italia. Adriana Masotti ha chiesto un commento a Oliviero
Forti, responsabile del settore immigrazione della Caritas italiana:
R. – Per noi,
era una disposizione di legge che avrebbe dovuto essere abrogata il giorno successivo
a quello in cui fu introdotta, perché avevamo capito fin dall’inizio che avrebbe solo
portato guai. Innanzitutto per i cittadini stranieri, ma poi anche per tutto l’apparato
amministrativo, che in questi anni hanno dovuto sopportare non solo lungaggini indescrivibili
ma anche un carico, in termini di costi e di risorse, che diversi rapporti hanno evidenziato.
Quindi, anche noi l'accogliamo con favore, anche se lo sforzo avrebbe potuto essere
maggiore. Oggi, rimane il caso di recidiva il reato e noi avremmo voluto vederlo completamente
abolito, anche perché – come si è detto anche nel passato – si tratta certamente di
una norma che può avere solo un carattere di tipo amministrativo e non certamente
penale.
D. – Nelle carceri italiane ci sono immigrati condannati per il solo
reato di clandestinità?
R. – Guardi, soprattutto chi ha dovuto subire il contraccolpo
di questa previsione sono i Centri di trattenimento conosciuti come Cie – Centri di
identificazione e di espulsione – di cui tanto si è parlato anche negli ultimi tempi
e che speriamo siano la successiva revisione di legge che verrà abrogata. Perché noi
vogliamo che questo sia solo l’inizio di un percorso che ristabilisca non solo giustizia
rispetto al tema del’immigrazione e degli immigrati, ma soprattutto una nuova politica
volta a non vedere l’immigrazione solo come questione di sicurezza, così come è stato
fino ad oggi, d’altronde. E quindi, chiaramente, i Cie – che sono popolati da queste
persone – noi crediamo debbano essere superati. Bisogna andare verso la loro chiusura
e questo è possibile solo partendo dall’abolizione di questo reato, così com’è stato
previsto ieri al Senato.
D. – Ma che cosa dire a chi pensa che togliendo questo
reato si aprono le frontiere, le porte dell’Italia, a chiunque?
R. – Questa
preoccupazione non è assolutamente suffragata da alcun dato di fatto. Basti leggere
gli ultimi rapporti che ci dicono come noi, fino a oggi, con questo reato ci abbiamo
solo rimesso, anche economicamente. Quindi, evidentemente sono altre le misure. La
prima fra tutte è quella di permettere in maniera legale, regolare, a queste persone
di entrare nel nostro territorio. E’ evidente che fino a quando noi attueremo una
politica di sostanziale chiusura delle frontiere, l’unica modalità per entrare nel
nostro Paese, e quindi in Europa, sarà quella di un ingresso irregolare con tutto
quello che ciò comporta. Quindi, incredibilmente basterebbe regolare l’immigrazione
con un approccio che vada verso una regolazione legale dei flussi, cosa che fino ad
oggi purtroppo non è stata fatta o è stata fatta in maniera insufficiente.
D.
– Per quanto riguarda i provvedimenti di espulsione, saranno possibili anche in mancanza
del reato di clandestinità?
R. – Ma questo è evidente: chi non ha i requisiti
per rimanere sul territorio dello Stato deve essere allontanato, così come prevede
la legge.
D. – Per concludere, mi sembra che questo “sì” del Senato all'abrogazione
cambierà probabilmente la vita per tanti, ma forse potrà cambiare la mentalità anche
degli italiani. Almeno, questo è quello che ci si auspica…
R. – Concordo, sì.
Al di là del fatto che molti cittadini stranieri ne beneficeranno – in quanto non
più soggetti a questo, mi passi il termine, “processo di criminalizzazione” – è evidente
che l’investimento maggiore è quello sulla cultura che oggi, nel nostro Paese, rispetto
al tema migratorio, ha avuto una battuta d’arresto, in alcuni casi anche una regressione.
Quindi, speriamo che questo sia un segnale importante per molte persone – forse troppe
– che pensano ancora che l’immigrazione costituisca solo un problema, per il nostro
Paese.