2014-01-22 06:06:10

Montreux. Al via oggi la conferenza di pace sulla Siria. Mons. Tomasi: si continua ad invocare il cessate il fuoco immediato


Dopo gli ultimi colloqui preparatori, gli auspici dei partecipanti e la ufficializzazione delle delegazioni, tutto è pronto oggi a Montreux dove iniziano i lavori per delineare soluzioni per la crisi umanitaria in Siria. Il tutto tra sistemi di sicurezza ai massimi livelli e la volontà del Segretario Ban Ki-moon, ribadita costantemente, di raggiungere un accordo. Da Montreux: Gabriele Beltrami:
Giunto ormai all'inizio dei lavori della Conferenza Ginevra II, il Segretario Generale Ban Ki-moon è pronto a raccogliere i frutti dei numerosi colloqui privati con le delegazioni invitate nei giorni scorsi: nel pomeriggio di ieri è stata la volta di Catherine Ashton, Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, con la quale il numero uno delle Nazioni Unite ha parlato degli sforzi comuni per alleviare la crisi umanitaria in Siria. E' stata quindi la volta di Nabil Elaraby, Segretario Generale della Lega Araba, che ha condiviso la preoccupazione di Ban Ki-moon sull'impatto della crisi nella regione siriana, soffermandosi sul tema del blocco degli aiuti umanitari. Un dramma, lo ricordiamo, che coinvolge milioni di persone costrette a lasciare la propria casa o a rifugiarsi in Stati vicini.
Anche la Santa Sede è stata invitata a partecipare alla Conferenza di Ginevra-2. La Delegazione è composta da mons. Silvano Tomasi, Rappresentante della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra e mons. Alberto Ortega Martín, Officiale della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati. Al microfono di Gabriele Beltrami, mons. Tomasi:

R. - La Conferenza Internazionale di Montreux sulla Siria, ed è chiamata Ginevra II, è la continuazione dello sforzo della comunità internazionale di trovare una via d'uscita per far cessare la violenza in Siria. La situazione è estremamente complessa perché ci sono vari interessi a livello globale, a livello regionale, tra l'Arabia Saudita e l'Iran, a livello interno della Siria dove le varie minoranze e le forza esterne che si aggiungono all'opposizione creano un sistema di destabilizzazione che è difficile a risolvere. Lo sforzo è di cercare di trovare un filo che lega come interesse comune tutti questi tre livelli di conflittualità e non è facile. Per cui ci sono delle incertezze nella varie alleanze, nelle varie composizioni di presenza di delegati che posso no parlare con una certa autorevolezza come rappresentanti di parti reali del conflitto in corso.

D. - Quali obiettivi di massima porterà avanti la vostra delegazione?

R. - L'incontro di Montreux, che poi continuerà in maniera più discreta, ma più efficace, si spera, a Ginevra per un tempo indeterminato, ha come obiettivo di mettere a fuoco la buona volontà e un senso di fiducia reciproca tra i vari contendenti in questo conflitto per vedere di mettere fine alla violenza. Obiettivo primo è finire con questa violenza continua che ha fatto più di 130.000 morti, che sta distruggendo intere città, che ha creato milioni di rifugiati, più di un milione di bambini hanno attraversato la frontiera della Siria per cercare rifugio altrove, e ci sono certamente più di tre milioni di sfollati interni. Davanti a questa sofferenza enorme, diventa un appello alla coscienza della comunità internazionale trovare una strada per mettere fine alla violenza. Allora, il primo passo di un lungo viaggio potrebbe essere questa Conferenza di Montreux: dobbiamo sperare e pregare che veramente si arrivi a mettere un principio di negoziazione che porti ad un processo che, progressivamente, si allarghi alle varie questioni che sono sul tappeto.

D. - In vista di questa Conferenza ha di recente incontrato il Papa: quali sono le priorità per il pontefice?

R. - Il Papa Francesco ha parlato varie volte sulla situazione della Siria, invocando il cessate il fuoco immediato, la ricostruzione attraverso la riconciliazione da una parte e dall'altra la solidarietà della comunità internazionale perché, attraverso la ricostruzione, si trovi anche impiego per questi giovani che altrimenti sono tentati di andare con una o con l'altra fazione, non avendo un futuro davanti. L'altra grande preoccupazione del Papa e della Santa Sede è la presenza dei cristiani nel Medio Oriente: è una presenza secolare che precede l'arrivo dell'Islam, ma allo stesso tempo è una presenza che si trova condizionata da varie forme di discriminazione e in questi conflitti tra i grandi poteri e i grandi gruppi, Sunniti e Sciiti ed altri, viene a pagare un prezzo sproporzionato.

D. - Come giudica il tentativo, poi sfumato, del Segretario Generale dell'ONU di coinvolgere tutti al tavolo di Montreux?

R. - Ho visto Ban Ki-moon che ha parlato alla Conferenza del disarmo e lui ha ancora fiducia che da quest'incontro sulla Siria possa nascere qualcosa di costruttivo, di positivo. Certo, ci sono dei condizionamenti che riflettono gli interessi di poteri regionali o internazionali diversi e, quindi, all'ultimo minuto, per salvare il salvabile, ha ritrattato l'invito fatto all'Iran di partecipare, ma a lungo andare è chiaro che tutte le forze che sono presenti sul territorio devono essere consultate e devono essere convinte che hanno una responsabilità nel portare avanti una ricerca della pace, di mettere fine alla violenza.

D. - Quali sono le urgenze concrete da porre subito in atto per i milioni di sfollati dalla Siria?

R. - Ogni conflitto genera nuovi flussi di rifugiati e di Internally displaced people: è penoso vedere adesso con l'inverno, in particolare, che è in corso, che nei campi di rifugiati ci sono delle sofferenze e, addirittura, delle morti dovute a mancanza di cure sufficienti. La comunità internazionale sta rispondendo dando delle risorse all'Alto Commissario per i Rifugiati e, direttamente, attraverso la Caritas, o attraverso altre organizzazioni cattoliche, come la International Catholic Migration Commission. Però la risposta efficace è quella di raggiungere la pace e dare la possibilità a quelli che vogliono ritornare, e speriamo che siano la maggioranza, alle loro case e di cominciare una vera ricostruzione, anche di quei quartieri che sono stati distrutti, o sono stati bombardati e che quindi c'è bisogno di una solidarietà internazionale concreta, cioè di molti soldi, per rimettere in piedi un'economia locale e una serie di condizioni, come l'abitazione, che possano permettere la ripresa di una vita normale.







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