Myanmar: nella Settimana per l’unità, i cristiani chiedono al governo la restituzione
di terre e scuole
"Oggi siamo battezzati nel Giordano del nuovo Myanmar. Gesù, dopo il battesimo, iniziò
la sua missione. Oggi come nazione, affrontiamo una nuova era con tutte le sue opportunità.
Per decenni abbiamo sofferto. Oggi abbiamo una importante missione da svolgere nel
Paese”: lo afferma l’arcivescovo Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, in un lettera
pastorale diramata per la “Settimana dell’unità dei cristiani”. In virtù della missione
da svolgere – nota il testo, inviato dall’arcivescovo all'agenzia Fides – le Chiese
chiedono al governo la restituzione di terre e scuole confiscate in passato dal regime
militare. Prendendo spunto dall’esortazione di Papa Francesco “Evangelii Gaudium”,
mons. Bo invita a “vedere il mondo con gli occhi dei poveri e dei più vulnerabili”,
chiedendosi chi sono costoro in terra birmana: “Sono i rifugiati birmani in Malaysia,
Thailandia, India. La nostra è una nazione con tre milioni di rifugiati e sfollati
che hanno bisogno della nostra cura”, afferma. Altra realtà da considerare è la tratta
di esseri umani, in una nazione piagata dal fenomeno: “I nostri giovani sono venduti
in forme moderne di schiavitù, per il commercio del sesso o del lavoro”. Occorre dare
attenzione, poi, ai giovani toccati da droga e Aids: “In molti villaggi e città, la
generazione dei giovani manca del tutto: sugli altari dell’avarizia, i signori della
droga hanno sacrificato i nostri giovani”. Un problema che interpella i cristiani
– nota la lettera – è la confisca delle terre: “I ricchi che vivevano opprimendo il
popolo, durante il regime militare, continuano a banchettare con le viscere dei poveri.
Noi, come cristiani, siamo fra le vittime del land grabbing”. La denuncia del vescovo
tocca un punto chiave: “Come Chiesa oggi chiediamo al governo la restituzione delle
nostre terre e scuole. La Chiesa ha fatto un ottimo lavoro nel campo dell'istruzione
e della sanità. Molte scuole in Myanmar sono state avviate dai cristiani. Non riconoscendo
tale prezioso contributo, l'ex regime ha confiscato le nostre proprietà e le nostre
scuole. Per contribuire allo sviluppo della nazione, chiediamo tali strutture ritornino
a noi. E’ un nostro diritto culturale”. Il testo conclude: “C'è una nuova speranza
in Myanmar. Uniamoci nel servire la nostra patria. L'unità dei cristiani non è solo
all'interno delle chiese, o nei discorsi teologici, ma per un nuovo Myanmar”. (R.P.)