Mons. Bassetti: i migranti sono la carne di Cristo, vincere la "cultura dello scarto"
E’ iniziata domenica scorsa, con una Messa nella cattedrale di San Lorenzo, nella
Giornata mondiale dedicata ai migranti e ai rifugiati, la visita pastorale alla sua
comunità dell’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Gualtiero Bassetti, che il
Papa creerà cardinale nel prossimo concistoro del 22 febbraio. Nei prossimi mesi il
porporato incontrerà persone e istituzioni, ha voluto però iniziare dagli immigrati,
con una celebrazione eucaristica alla quale hanno preso parte gli stranieri presenti
nell’arcidiocesi, cattolici e non. E’ il mondo dell’immigrazione una delle quattro
“attenzioni di ambiente” di particolare interesse diocesano. Francesca Sabatinelli
ha intervistato l’arcivescovo Gualtiero Bassetti:
R.
- L’Umbria è una regione molto accogliente; soltanto nella provincia di Perugia ci
sono più di 70 mila immigrati e rifugiati. Quindi per noi è un problema pastorale
aperto: non si tratta più di una pastorale straordinaria, ma di una pastorale ordinaria!
A Perugia si parlano più di cento lingue anche per la presenza dell’Università degli
stranieri che, grazie a Dio, ha ancora numerosi iscritti; si tratta veramente di entrare
in quella che è la logica del Santo Padre. Quando ci ha parlato della cultura della
mentalità dello scarto, ha detto una cosa terribile: “Lo scarto non è nemmeno alla
fine un sottoprodotto o un sottouomo; lo scarto è ciò che butti via, ciò che non ti
interessa, cioè che emargini completamente!”. La parola “scarto” usata dal Santo Padre
è fortissima! Ed è vero! Perché se all’uomo non viene riconosciuta la sua dignità,
l’integrazione non può essere un processo soltanto burocratico, ma deve essere e deve
diventare un fenomeno normale, naturale se noi consideriamo il mondo come una grande
famiglia.
D. - Uno dei suoi prossimi appuntamenti è quello con i ragazzi della
seconda generazione. Purtroppo questi ragazzi, per una questione burocratica, pur
essendo nati in Italia, e italiani a tutti gli effetti, non lo sono agli occhi dello
Stato …
R. - È chiaro che è una palese ingiustizia, perché chi è nato in Italia
è in regola! È veramente un fatto di ingiustizia che non sia considerato a tutti gli
effetti cittadino italiano. Credo che questo sia un impegno che noi dobbiamo portare
avanti come società, ma soprattutto come cristiani e come Chiesa in nome del Vangelo
che annunciamo e della pari dignità di tutti gli uomini.
D. - Vorrei citare
quanto di brutto il 2013 ha segnato per l’Italia: pensiamo al naufragio di Lampedusa
e ai tanti morti che ci sono stati nei mesi scorsi; pensiamo ai morti a Prato, ma
pensiamo anche al grande esempio che Lampedusa e i suoi cittadini offrono quotidianamente
…
R. - Ci sono le contraddizioni di questo Paese che purtroppo non dipendono
solo da questo Paese, perché per un’accoglienza anche così massiccia è necessario
un contributo maggiore di tutta l’Europa, perché questi immigrati non possono essere
soltanto accolti, ma poi devono esser integrati, devono poter trovare un’occupazione,
un lavoro, una loro dignità. Certamente noi abbiamo visto chi ha dato, chi ha rischiato
la vita per salvare qualche fratello immigrato. E questi sono gli esempi che veramente
ci riscaldano il cuore. Questo è il cuore della nostra popolazione di fronte a chi
ha bisogno. D’altra parte però, veder centinaia e centinaia di persone perire, vedere
che il nostro Mar Mediterraneo ormai da tanti anni è diventato la tomba dei nostri
fratelli africani, ci fa capire ancora di più il significato delle parole del Papa
quando ha detto che questi sono pelle di Dio e carne di Dio, ancor più che fratelli:
sono carne di Dio e le loro piaghe sono le piaghe di Gesù Cristo!