Iran alla Conferenza di Pace "Ginevra 2", opposizione siriana divisa
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha invitato, in extremis, l’Iran alla
“Conferenza di Pace Ginevra 2” sulla Siria; da parte sua, Teheran ha confermato la
sua presenza, scatenando però, la reazione della Coalizione nazionale siriana delle
forze dell'opposizione e della rivoluzione, che ha annunciato che diserterà l’incontro
se il Palazzo di Vetro non ritirerà il suo invito. Anche gli Stati Uniti hanno espresso
dubbi sulla presenza della Repubblica Islamica al tavolo svizzero, chiedendo che prima
Teheran accetti la richiesta dell'istituzione di un governo siriano di transizione.
Si profila dunque una situazione estremamente complicata. Salvatore Sabatino
ne ha parlato con Antonello Sacchetti, esperto di politica iraniana e autore
di “Diruz”, un blog completamente dedicato all'Iran:
R. – Sicuramente
credo ci siano elementi interessanti: il primo è che si è arrivati al punto che l’Iran
voleva, cioè quello di essere considerato non una parte del problema ma un possibile
fattore di soluzione. L’altro è che sicuramente c’è una grossa divisione all’interno
dell’opposizione siriana: una parte ha detto che diserterà, altri invece si sono ritirati
da questa posizione; la discussione è anche abbastanza aperta. È chiaro che nulla
può cambiare in modo netto con un solo passaggio; mi sembra però che la situazione
sia molto diversa rispetto a quella di pochi mesi fa; ricordiamo a che punto eravamo
arrivati soltanto i primi di settembre: sull’orlo di una guerra.
D. – Di fatto,
l’Iran rientra sulla scena internazionale dopo anni di oblio. Quanto il nuovo corso,
tracciato dal presidente Rohani, influisce su questo riconoscimento internazionale?
R.
– Influisce al 100%. Direi che è uno dei motivi della sua vittoria, della sua affermazione
e questo al di là di tutte le previsioni e le analisi che sono sempre un po’ condizionate
dalle visioni di parte. C’è stata una riapertura dell’Iran all’esterno e lui ha giocato
da subito una partita su due tavoli: quello interno – della politica interna – e quello
internazionale del riconoscimento dell’uscita da un blocco che era molto spesso più
di facciata che sostanziale, ma che di fatto ne faceva un “convitato di pietra” che
però poi non aveva alcun peso decisionale negli eventi.
D. – Da una parte abbiamo
gli Stati Uniti che spingono affinché Teheran accetti la richiesta dell’istituzione
di un governo siriano di transizione; dall’altra la Russia che ha sottolineato che
l’assenza di Teheran a Ginevra sarebbe stato un errore imperdonabile. Quindi, di fatto,
si ripropone in senso più alto la politica dei blocchi contrapposti…
R. – Questa
è la tendenza che un po’ si è delineata negli ultimi mesi; lo stesso dietrofront di
Obama a settembre sull’intervento armato in Siria è stato il primo, la più grande
dimostrazione di questo nuovo scenario. Sicuramente, in questa situazione l’Iran si
è saputa inserire e la situazione stessa del presidente Assad adesso è abbastanza
complicata da gestire. Bisognerà vedere come le parti ne possano venire fuori, senza
rinnegare troppo quelli che sono stati gli schieramenti di decenni: ricordiamo che
l’unico Paese che ha un’alleanza militare con la Siria è proprio l’Iran; sono legati
da un antico legame diplomatico e militare. Però, io ricorderei anche un altro dato
storico: l’Iran, anche negli ultimi 35 anni, cioè dalla istituzione della Repubblica
islamica ha sempre privilegiato i propri interessi nazionali sulle questioni sia ideologiche,
che di altro tipo e meno che mai religiose in quel settore. Quindi – e questa è una
mia opinione personale – credo che alla fine Teheran giocherà la carta che più converrà
ai propri interessi.
D. – Proprio oggi l’Agenzia internazionale per l’energia
atomica ha confermato l’interruzione da parte del governo iraniano dell’attività di
arricchimento dell’uranio al 20%. Quanto sono collegati questi due fatti?
R.
– Secondo me, sono collegati moltissimo. Questo è uno dei vecchi punti per i quali
in passato tutti questi tentativi di contatto tra Occidente, i Cinque più uno e Teheran
sono sempre naufragati. L’Iran ha sempre detto una cosa: “Noi vogliamo dialogare,
negoziare sul nostro diritto di arricchimento, inserendolo in un contesto più ampio”.
La crisi siriana fa parte di questa offensiva diplomatica. Mi sembra che un po’ alla
volta questi elementi si stiano rivelando anche pubblicamente.