2014-01-17 14:43:01

Repubblica Centrafricana: rischio genocidio, l'Onu lancia l'allarme


In Repubblica Centrafricana, “ci sono tutti gli elementi per un genocidio”. L’allarme è arrivato dall’Ufficio per le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite. Intanto, si attende l’insediamento di un nuovo presidente ad interim e continua la contrapposizione tra milizie Seleka e “anti-balaka”. “Chiediamo ai fedeli di fare attenzione” a non farsi “strumentalizzare”, è l’appello dell’arcivescovo di Bangui, mons. Nazapalainga, a nome anche degli altri leader religiosi. Per una testimonianza, Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente nel Paese padre Giuseppe Brisacani, missionario comboniano:RealAudioMP3

R. – Negli ultimi giorni, dopo le dimissioni del presidente Djotodia, i soldati dell’armata Seleka, i ribelli, sono partiti avendo paura. Addirittura, la gente ha manifestato con grida di gioia la partenza di questi soldati ribelli. La folla era composta in gran parte da giovani riscaldati dalla situazione, esasperati da mesi e mesi di sofferenze, da angherie di ogni tipo. Il giorno dopo, l’auto dei Seleka è tornata a Mongoumba, non potendo raggiungere Bangui e non potendo spostarsi sulle strade nazionali. Nel frattempo, sono intervenuti gli anti-balaka che, rivoltatisi a loro volta contro i Seleka, hanno cominciato a fare dei posti di blocco dappertutto. Con la mia comunità ci siamo spostati per venire qui a Bangui e abbiamo dovuto attraversare altre cittadine, altre regioni, e abbiamo trovato disordini per strada.

D. – Quindi, è una tensione che continua, una calma che, anche dove e quando c’è, è precaria...

R. – Attraversando per esempio la cittadina di M’Bata, abbiamo trovato quasi tutte le botteghe e le case dei musulmani bruciate e distrutte. I musulmani sono partiti tutti. Sulla strada nazionale per arrivare a Bangui s’incontrano quattro o cinque moschee e sono tutte sventrate, bruciate e distrutte. La situazione è molto, molto tesa. Da noi, in parrocchia, in una sala parrocchiale, hanno dormito dei musulmani per tre notti, perché avevano paura di dormire nelle loro case. Di giorno, uscivano per andare a sbrigare i loro affari, ma di notte venivano a dormire da noi.

D. – Che speranze riponete nella presenza delle truppe internazionali sul territorio centrafricano?

R. – In certe occasioni sono intervenuti, ma in tante altre occasioni sono intervenuti con molta più cautela. Si aspettava fin dall’inizio un intervento più massiccio, ma ovviamente stanno facendo il possibile.

D. – E adesso, siamo in piena transizione istituzionale. Tra pochi giorni, dovrebbe essere annunciato il nome del nuovo presidente di transizione. Ma c’è speranza che, cambiando le istituzioni, la situazione possa migliorare?

R. – Noi speriamo di sì, cambiando le cose, con un intervento più massiccio delle forze esterne, che non dovrebbe essere solo militare, dovrebbe essere un intervento di tipo politico. La speranza di cambiamento c’è, comunque.

D. – In questo quadro, la Chiesa come cerca di invitare alla concordia?

R. – Prima ancora che ci fossero negli ultimi giorni questi scontri forti fra fazioni, la Chiesa ha promosso incontri di tipo interreligioso. E’ noto l’impegno dell’arcivescovo di Bangui. La stessa cosa si è ripetuta nell’interno: nei villaggi, nelle cittadine dell’interno. Dove si è potuto, la Chiesa cattolica ha sempre promosso in questi ultimi tempi degli incontri con i musulmani, con i loro responsabili religiosi e con le altre Chiese cristiane, le Chiese protestanti. E fino a un certo punto sembrava che la cosa andasse avanti bene, ma per quello che ho visto con i miei occhi mercoledì, sulla strada nazionale, se non si argina, si può temere il peggio.







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