Frizioni tra Israele ed Europa, dure accuse di Netanyahu
Giornata densa di avvenimenti, quella di giovedì, per il prosieguo del dialogo israelo-palestinese
promosso dal segretario di Stato americano John Kerry in missione in Medio Oriente.
Il premier dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, ha avuto colloqui ad Amman con
re Abdallah II di Giordania. Poi in serata, nell’incontro con i giornalisti, le forti
accuse di ipocrisia all’Europa. Da Bruxelles critiche ai nuovi insediamenti israeliani
nei Territori Palestinesi, ma nessuna condanna – ha detto Netanyahu – sui proclami
e sugli attentati contro Israele. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Antonio
Ferrari, esperto di Medio Oriente e già analista politico del Corriere della Sera:
R. – Penso che
l’atteggiamento dell’Europa, in qualche misura, si raccordi con la politica estera
dell’amministrazione Obama e del segretario di Stato Kerry: gli americani non vogliono
rinunciare a quello che hanno sempre detto, e cioè la soluzione dei due Stati. Questa
scelta tuttavia significa cercare di arrivare al congelamento di nuovi insediamenti.
D.
– E’ credibile, l'accusa di Netanyahu all’Europa?
R. – Che l’Europa abbia avuto
qualche ambiguità nei confronti dei palestinesi, non dicendo fino in fondo quello
che avrebbe dovuto dire, è possibile. Però, che Netanyahu venga a tirar fuori questa
storia adesso, suona abbastanza sconveniente: perché una delle condizioni per riavviare
il processo di pace è il congelamento degli insediamenti. Altrimenti, se continuano
ad allargarsi gli insediamenti, le possibilità di arrivare alla soluzione dei due
Stati, di arrivare alla pace si escludono definitivamente, ma non solo. Io credo che
questo non sia nell’interesse neanche di Israele, perché i demografi stanno dicendo
che nel giro di 15-25 anni la maggioranza della popolazione israeliana sarà araba
e quindi c'è il rischio che si metta in discussione l’ebraicità stessa dello Stato
di Israele.
D. – Ieri Netanyahu era in Giordania, dove ha detto: “Il processo
di pace israelo-palestinese deve necessariamente coinvolgere altri attori, tra questi
proprio Amman” …
R. – Lo deve coinvolgere per forza. Però, la Giordania non
può lasciarsi coinvolgere senza vedere una prospettiva chiara, una prospettiva definitiva.
Non dimentichiamo che il 67-70% della popolazione giordana è di origine palestinese.
E’ chiaro che la Giordania accetta di essere coinvolta, ma a patti chiari – come aveva
detto prima re Hussein e oggi dice re Abdallah: la Giordania vuole arrivare alla soluzione
dei due Stati, perché senza la soluzione dei due Stati la Giordania continuerà a pagare
gli effetti delle tensioni che avvengono dall’altra parte del Giordano.