Oggi la Giornata del dialogo tra cattolici e ebrei. Al centro il comandamento "Non
rubare"
Si celebra oggi la 18.ma Giornata nazionale per l’approfondimento e lo sviluppo del
dialogo tra cattolici ed ebrei, sul comandamento “Non rubare”. Per l’occasione, la
Pontificia Università Lateranense, alle 17.30, ospita un incontro promosso dall’Ufficio
per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Roma. Interverranno il rabbino capo
della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, e l’economista Stefano Zamagni.
Mons. Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il
dialogo, racconta il significato di questo appuntamento al microfono di Antonella
Pilia:
R. – Si tratta
di approfondire i rapporti con il mondo ebraico, che per noi non sono estrinseci ma
intrinseci al dna della nostra vita, perché Gesù era ebreo, ha pregato con le Scritture
ebraiche dentro la tradizione ebraica; perché l’Alleanza mai revocata con il popolo
del Primo Testamento ci spinge a guardare all’orizzonte escatologico, all’attesa del
Regno, e lo facciamo insieme a loro su una terra piena di problemi, non ultimo quello
dell’antisemitismo, che vogliamo affrontare e vincere insieme. Siamo spiritualmente
parenti: Giovanni Paolo II nel 1986, visitando la Sinagoga, usò un’espressione originale
chiamandoli “i nostri fratelli maggiori”. Dunque non possiamo prescindere dalla fraternità
e dall’amore gli uni per gli altri che, pur nelle nostre vocazioni diverse, ci richiama
tutti al bene comune dell’umanità e al contributo che possiamo dare in maniera originale,
se possibile, insieme.
D. – Dal 2005 la riflessione verte sui 10 Comandamenti.
Quest’anno si approfondirà l’ottavo Comandamento: “Non rubare” …
R. – Viviamo
in un tempo fortemente economicista, segnato da un certo individualismo; siamo portatori
– cristiani ed ebrei – di un senso della vita connesso al suo aspetto religioso, verticale,
di rapporto con Dio, dal quale discende anche il dono dei beni e del Creato. “Non
rubare” è un imperativo biblico che ci vede insieme difendere la dignità dell’uomo
e anche proporre a questa nostra società una via diversa. Tra l’altro, è una società
che conosce anche le derive del male per ciò che riguarda i beni e la spoliazione
degli altri: rubare non è solo sottrarre, ma è anche immiserire la vita di chi ha
diritto alla dignità, anche attraverso il bene del lavoro, i beni che lo sostengono.
D.
– Perché è così importante riuscire a dialogare con i “fratelli maggiori” ebrei?
R.
– E’ importante per comprendere il mondo ebraico e capire anche qualcosa di Gesù dall’interno
del Primo Testamento, dell’Antico Testamento. E’ importante perché lì dove ebrei e
cristiani difendono insieme la vita ne godono tutti. Dove la vita degli ebrei viene
minacciata, invece, viene minacciata la vita di tutti. L’antisemitismo, l’antigiudaismo,
i segni di odio che hanno seminato dolore fino alla Shoah, durante la Seconda guerra
mondiale, sono un grande monito che chiede una risposta alta e quotidiana, quindi
diffusa e larga, ma anche profonda per le sue motivazioni. E’ questo il senso, anche,
di questi colloqui tra ebrei e cristiani.
D. – Per la prima volta la Giornata
si svolgerà sotto il Pontificato di Papa Francesco, che ha anche annunciato il suo
viaggio in Terra Santa. Qual è il personale apporto di Papa Francesco alla causa del
dialogo tra ebrei e cristiani? R. – Papa Francesco ha già ricevuto ufficialmente
il rabbino capo Riccardo Di Segni e delegazioni internazionali; soprattutto, da arcivescovo
di Buenos Aires, aveva un rapporto strettissimo con il rabbino Skorka, con il quale
in tanti colloqui e in tanta amicizia e fraternità ha affrontato i temi del vivere,
del dolore, della morte, della vita, i temi della spiritualità … Dunque direi che
è connaturale a Papa Francesco uno sguardo di simpatia, di interesse, di amore per
il popolo ebraico che, come dicevo, affonda le radici in un vissuto molto intenso.