John Kerry rilancia il ruolo degli Usa in Medio Oriente
Dopo la tappa di martedì in Vaticano, prosegue il tour diplomatico del segretario
di Stato americano, John Kerry. Al centro dell’iniziativa, promossa dal presidente
Obama e che potrebbe restituire a Washington un ruolo da protagonista nel panorama
internazionale, soprattutto la ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi. Giancarlo
La Vella ne ha parlato con Janiki Cingoli, direttore del Centro Italiano
per la Pace in Medio Oriente (Cipmo):
R. – E’ la più
seria iniziativa diplomatica da quella di Clinton del 2000, con Camp David II. Kerry
si è applicato molto intensamente, arrivando prima a far incontrare di nuovo israeliani
e palestinesi, che non negoziavano più dal 2010. Adesso si sta andando al dunque con
una mossa abbastanza intelligente, ovvero, quella di proporre un piano quadro. E’
difficile arrivare ad un accordo di pace definitivo, ma l’idea è quella di delineare
quali possono essere i contorni di una pace definitiva, quali tendenzialmente i confini,
quale la soluzione per Gerusalemme o per i rifugiati; poi rinviare il tutto ad una
fase negoziale – che potrà durare circa un anno – per la definizione dei dettagli.
D. – Secondo lei, qual è il punto più delicato di un dialogo, quello israelo-palestinese,
che negli ultimi tempi è sembrato sempre molto difficile…
R. – I punti più
delicati sono quello dei confini e quello della città di Gerusalemme e, ovviamente,
collegata alla questione dei confini, la questione degli insediamenti. Credo che,
sostanzialmente, la soluzione che Kerry stia perseguendo sia di questo tipo: dare
fortissime garanzie di sicurezza a Israele, ma avere in cambio qualcosa per i palestinesi
sulla questione dei confini e sulla questione di Gerusalemme, perché non bisogna dimenticare
che il rapporto con la Spianata delle Moschee è ugualmente forte di quanto non lo
sia quello israeliano con il Muro del Pianto. Quindi, il tema è molto complesso; le
tensioni sono enormi, sia nel campo palestinese, sia nel campo israeliano. È certo
che ci troviamo in uno di quei momenti decisivi e al dunque di un’iniziativa che è
comunque importante.
D. – Al centro John Kerry, dall’altra il premier israeliano
Netanyahu, dall’altra ancora il presidente Abu Mazen. Secondo lei è possibile il dialogo
tra questi personaggi e i loro staff?
R. – La questione non è tanto di dialogo
tra le parti, questi sono tutti uomini realisti. Anche Netanyahu è una persona concreta;
la questione è il contesto e le scelte di fatto che dovranno compiere, scelte complesse,
contraddittorie per entrambe le parti.