Detenuto a Poggioreale col cancro. Il cappellano: non c'è dignità per l'uomo
Sta facendo discutere la storia di Vincenzo Di Sarno, detenuto malato di tumore
recluso nel carcere di Poggioreale, che ha scritto al Presidente Napolitano. Di Sarno
in prigione ha perso 60 chili, paragona la sua situazione a "un inferno" e denuncia
la mancanza di cure. Alessandro Guarasci ha sentito il cappellano di Poggioreale, don
Franco Esposito:
R. - Purtroppo
non è l’unica situazione. Diciamo che questa è quella più appariscente, ed è una situazione
che noi stiamo seguendo da anni. Lui è stato spostato - dopo la lettera scritta a
Napolitano, dopo che ci siamo interessati - dal padiglione dove si trovava al centro
clinico, centro che, in realtà, è formato da ulteriori celle dove comunque i detenuti
sono rinchiusi per 22 ore al giorno. Lui esce solamente per fare delle terapie che
non sono quelle di cui in realtà avrebbe bisogno.
D. - Trovate difficoltà nel
dialogare con le istituzioni su casi così pesanti?
R. - La situazione carceraria
non ha proprio i mezzi per poter rispondere a questi bisogni. Comunque, il bisogno
di un detenuto che ha avuto il cancro, che ha i postumi di questa malattia, che sta
perdendo peso, è soprattutto l'affetto della famiglia.
D. - Secondo lei a Poggioreale
si vivono condizioni limite, se non altro rispetto ad altri penitenziari?
R.
- La dignità dell’uomo in queste situazioni va veramente a farsi friggere. Diciamo
che Poggioreale a volte diventa il simbolo, ma non è l’unico. In un carcere dove non
ci sono spazi e dove manca il personale, se la direzione o l’amministrazione vogliono
fare qualcosa non ci riescono. Allora le poche attività che si fanno per quel cinque
percento delle persone rinchiuse, come i laboratori - sono 1800 i detenuti che attualmente
sono a Poggioreale - diventano poi in un certo senso un alibi per continuare a dire
che in carcere si fanno delle attività. In realtà il carcere è l’istituzione più illegale
che possa esistere in una democrazia, nella nostra società.