2014-01-15 12:21:12

Delegazione episcopale a Gaza. Don Remery: c'è gente che non ha il necessario per vivere


Prosegue in Terra Santa il tradizionale pellegrinaggio del Coordinamento dei vescovi di Nord America, Canada, Sud Africa e Unione Europea: obiettivo del viaggio è quello di sostenere la giustizia e la pace nell’area e supportare gli sforzi della Chiesa locale. La delegazione è già stata a Gerusalemme e Betlemme. Di particolare interesse la visita a Gaza. A questo proposito, la nostra inviata Susan Hodges ha intervistato uno dei membri della delegazione, don Michel Remery, vice-segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:RealAudioMP3

R. - È molto emozionante stare in questa terra che conosciamo soltanto da fuori per le guerre e per i problemi che ci sono e scoprire che è una terra molto antica, con una tradizione molto bella, molto profonda della nostra fede. Ci sono stati grandi Santi in questa zona. E la tradizione della Chiesa dice che Gesù, in cammino vero l’Egitto, ha avuto un momento di riposo con la sua famiglia a Gaza. Dunque, è una terra che fa parte veramente della Terra Santa.

D. – Quale il significato di questo vostro incontro con la piccola comunità cattolica di Gaza?

R. - Vivere questo momento insieme con la comunità, soprattutto ieri durante la Messa, è stato molto bello: abbiamo potuto pregare insieme, lodare il Signore per aver dato la sua vita per noi, per il suo Battesimo. Abbiamo poi potuto scambiare qualche parola dopo la Messa e questo mi ha fatto una grande impressione perché ho potuto parlare con gente “normale”, giovani, vecchi, che vivono in questa terra, che sono cristiani e che hanno difficoltà a vivere la loro fede a causa del modo con cui questa regione viene governata, a causa del fatto che è molto difficile uscire da questa terra. Comunque, è gente che ha espresso anche gioia per la nostra visita, gioia di poter celebrare il Natale e il Battesimo del Signore insieme a noi.

D. – La situazione a Gaza è drammatica. Ma ci sono speranze?

R. – Sì, soprattutto nei giovani c’è speranza: ma non sanno da dove essa venga. E’ infatti una speranza “sovrumana”: umanamente nessuno sa come risolvere la situazione, invece c’è una certa speranza che ho visto nei loro occhi. Questo è stato molto edificante perché abbiamo ascoltato anche storie molto tristi, di persone che hanno difficoltà, che non hanno il necessario per vivere. Allo stesso tempo però c’è questa testimonianza di fede cristiana molto forte. Così possiamo dire che non soltanto la nostra visita li ha edificati, ma loro, con questa fiducia, con questa speranza cristiana, hanno edificato anche noi.







All the contents on this site are copyrighted ©.