Centrafrica. Un missionario: senza ribelli Seleka prima notte tranquilla
A Bozoum prima giornata tranquilla ieri senza gli ex ribelli della Seleka: “Sono partiti
tutti con un convoglio verso il Ciad e sono stati disarmati dalla Misca (la forza
militare internazionale dei Paesi dell’Africa centrale a sostegno della Repubblica
Centrafrica). Lo conferma all'agenzia Sir padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano
a Bozoum, a 325 km dalla capitale Bangui. “La Misca ha pattugliato la città tutta
la notte - racconta - ma alle 13 sono partiti verso Paoua, lasciando la città senza
protezione. Speriamo che non ci siano problemi. Dovrebbero tornare oggi”. Padre Aurelio
martedì si è diretto verso Bossangoa. Lungo la strada diverse case sono state bruciate
dalla Seleka la settimana scorsa. Qui ha incontrato i 750 sfollati che hanno trovato
rifugio nella scuola biblica della Chiesa Evangelica dei Frères. “Abbiamo organizzato
una piccola riunione e annunciato la partenza della Seleka, con la possibilità di
tornare a casa entro uno o due giorni. Abbiamo consegnato 240 kg di riso”, aggiunge.
Ieri è stato organizzato un incontro tra gli antibalaka (trad: anti-machete, i gruppi
di autodifesa che si sono organizzati contro gli ex ribelli della Seleka), i rappresentanti
della Misca e il Comitato di mediazione. “Lo scopo di questi incontri - precisa il
missionario - è di spiegare la partenza del Seleka, calmarli e convincerli a tornare
ai loro villaggi e deporre le armi”. (R.P.) In Centrafrica sarebbero un milione,
secondo l'Onu, i civili sfollati ed oltre due milioni le persone bisognose di aiuto.
Roberta Gisotti ne ha parlato con suor Dalva Maria Areia, missionaria brasiliana,
superiora provinciale delle Suore comboniane del Centrafrica e Ciad, residente a Bangui,
capitale centrafricana:
D. – Quasi un
anno fa, nel marzo 2013, l’ex presidente Djotodia, a capo della coalizione musulmana
dei Seleka deponeva l’ex capo di Stato Bozizè. Suor Dalva, cosa è cambiato da allora?
R. – La situazione è peggiorata rispetto a quella che stavamo vivendo in quel
momento. E’ cominciata una fase di violenza molto grande. Questi uomini, venuti con
l’ex presidente Djotodia, hanno cominciato a saccheggiare, a violentare le donne,
a rubare nei magazzini, nei mercati e anche negli uffici del Paese. Questo ha provocato
grande insicurezza e molta paura nella gente.
D. – E’ difficile, quindi, credere
al presidente ad interim, che ieri ha rassicurato: “L’anarchia nel Paese è finita”,
rivolgendosi sia ai guerriglieri musulmani che alle milizie cristiane...
R.
– Credo che sia troppo presto per confermarlo. Anche se l’ex presidente Djotodia è
partito, i suoi uomini, cioè la Seleka – si parla di 25 mila persone arrivate dal
Ciad, dal Sudan, con qualche centrafricano – sono ancora nel Paese e sono armati.
D. – Sappiamo dell’impegno della Chiesa, perché il conflitto non si radicalizzi
in un conflitto interreligioso...
R. – Giustamente, grazie a Dio, abbiamo una
Chiesa con vescovi che hanno preso in mano veramente questa situazione. In questo
momento, la diocesi di Bossangoa e la diocesi di Bangui, sono quelle che stanno soffrendo
di più. E allora i nostri vescovi hanno denunciato alle persone che potevano aiutarci
questa violenza enorme, cui stiamo assistendo in questo momento. Mi dispiace che la
comunità internazionale e le persone che potevano aiutarci due o tre mesi fa non abbiano
dato valore a queste voci. In questo mese, doveva esserci una riunione dei vescovi
in Centrafrica, ma non c’è stata. Loro però hanno preparato un messaggio bellissimo,
per invitare tutti i cristiani alla riconciliazione, al perdono e alla pace. Non si
può costruire un Paese con questa violenza.
D. – Quindi, la presenza delle
forze internazionali – sappiamo che ci sono forze dell’Onu, forze francesi – è stata,
possiamo dire, inutile dal punto di vista del contrasto delle violenze?
R.
– No, non posso dire che siano state inutili. Credo che se queste forze non ci fossero
state sarebbe stato ancora peggio. Può darsi che loro dovessero prendere in mano prima
la situazione. In questi giorni, nei quartieri si vedono tanti militari e noi ringraziamo
perché queste forze oggi sono qui.
D. – Che cosa sperare per il prossimo futuro?
Nuove elezioni al più presto?
R. – Sappiamo che oggi in parlamento hanno iniziato
le consultazioni con i rappresentanti dei partiti e della società civile, per organizzare,
preparare una lista di possibili candidati. La gente quindi aspetta un segno visibile
che dia sicurezza, per tornare a casa.