2014-01-14 15:38:24

Incontro in Vaticano sull’alcoldipendenza. Mons. Sorondo: un problema sottovalutato


La dipendenza da alcol, le implicazioni etiche e morali legate a questo fenomeno e le strategie di prevenzione e di cura. Sono stati questi i temi al centro della Conferenza sul consumo dannoso di alcol, tenutasi ieri in Vaticano presso la Casina Pio IV, e organizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3

Il consumo pericoloso di alcol e l’alcoldipendenza rappresentano “un importante problema di salute pubblica e sociale”. Un problema sottovalutato – ha detto mons. Marchelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze – che riguarda ambiti cruciali come la famiglia, il contesto lavorativo e quello sociale. Il prof. Emanuele Scafato, presidente della Società italiana di alcologia, ha poi ricordato l’urgenza di rimuovere lo stigma sociale che etichetta l’alcol come un vizio e non come una malattia:

R. – E’ una delle più importanti patologie che oggi, nel settore delle dipendenze, è stata identificata come prioritaria in termini di discussioni e soprattutto per l’individuazione di possibili soluzioni. L’alcoldipendenza va definita, prima di tutto, come una malattia e non come un vizio ed è, allo stesso tempo, un problema perché espone la persona al particolare rischio di non essere interessata a una riabilitazione, a una vita normale. Il senso di vergogna e il senso di esclusione che molto spesso avvolgono l’alcoldipendente creano una barriera. A questo, poi, si aggiunge una cultura del trattamento dell’alcoldipendenza che non è ancora uno di quei settori in cui ci sia una evidenza speciale dell’efficacia del trattamento. Un esempio: su un milione di alcooldipendenti, stimati in Italia dalla Società italiana di alcologia, appena 60 mila sarebbero in carico ai servizi. Quindi, è chiaro che si tratta di una punta di un iceberg, che necessità di essere capovolta.

D. – Attraverso quali strumenti preventivi si può capovolgere questo trend?

R. – Questo lo si può fare solo attraverso una massima attenzione a quella che è l’identificazione precoce del rischio alcol correlato, che è l’unica che può consentire all’individuo di incrementare la consapevolezza che il suo modello del bere è un bere che, sicuramente, va inquadrato in un contesto di patologia e di abitudine.

D. – E tra le sfide determinanti ci sono quelle di contrastare il valore attribuito all’uso dell’alcol e di ridurre le pressioni mediatiche e sociali che incentivano a bere…

R. – Perché tra il concetto di "consumo" di alcool e "uso" di alcool – quindi uso con la finalità di ottenere delle reazioni o meglio degli effetti sul proprio organismo, che può essere la disinibizione, l’euforia, fino poi ad arrivare addirittura alla depressione, perché l’alcool ha questo tipo di parabola – parliamo ovviamente di qualcosa che è stato costruito nel tempo. Oggi, noi abbiamo la molecola alcool pervasiva: troviamo bevande alcoliche un po’ dappertutto e il mercato offre veramente una varietà di bevande alcoliche, rispetto alle quali soprattutto le popolazioni più giovani sono attratte, anche da imponenti strategie di marketing. Quindi, pressioni sociali a bere sicuramente maggiori che in passato e soprattutto coinvolgenti una generazione che sicuramente è più vulnerabile: i giovani sino ai 18-20 anni non hanno maturato la capacità di distruggere l’alcol e quindi ne subiscono maggiormente gli effetti, soprattutto a livello celebrale, con una diminuzione delle capacità cognitive e di memoria. Ma poi sappiamo che l’alcol alla guida è la prima causa di morte tra i giovani in Italia, in Europa e nel mondo.

In vista della Conferenza odierna, tenutasi in Vaticano, il ministro italiano della Salute, Beatrice Lorenzin, ha sottolineato che “un impegno particolare viene dedicato alle attività di prevenzione, per le quali sempre più spesso si adotta un modello di approccio intersettoriale e interdisciplinare collaborando anche con Istituzioni diverse da quelle sanitarie, secondo gli orientamenti dei più recenti piani e programmi nazionali”. Il ministro ha infine esprssso vivo apprezzamento per le iniziative e l’impegno che la Pontificia Accademia delle Scienze ha sempre dedicato a temi volti “alla promozione del benessere dell'individuo e al progresso della scienza”. Secondo le stime dell'Istituto Superiore di Sanità, nel 2011 le persone che hanno consumato bevande alcoliche in modalità “a rischio” sono state “oltre 8 milioni, di cui 6.200.000 maschi e 1.900.000 femmine”. Nonostante questi dati, l’Italia occupa il posto più basso “nella graduatoria europea relativa al consumo procapite di alcol”.

Ultimo aggiornamento: 15 gennaio







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