Centrafrica. Suor Dalva: dopo anno di violenze la situazione è peggiorata
Si acuisce la crisi in Centrafrica dopo le dimissioni, venerdì scorso, del presidente
Djotodia, accusato dalla comunità internazionale di passività di fronte alle violenze
che imperversano nel Paese. Con lui è uscito di scena anche il primo ministro Tiangaye,
lasciando la guida del governo al presidente del Consiglio nazionale di transizione,
Nguendet, che dovrà organizzare nuove elezioni. Un milione, secondo l'Onu, i civili
sfollati ed oltre due milioni le persone bisognose di aiuto. Roberta Gisotti
ne ha parlato con suor Dalva Maria Areia, missionaria brasiliana, superiora
provinciale delle Suore comboniane del Centrafrica e Ciad, residente a Bangui, capitale
centrafricana:
D. – Quasi un
anno fa, nel marzo 2013, l’ex presidente Djotodia, a capo della coalizione musulmana
dei Seleka deponeva l’ex capo di Stato Bozizè. Suor Dalva, cosa è cambiato da allora?
R. – La situazione è peggiorata rispetto a quella che stavamo vivendo in quel
momento. E’ cominciata una fase di violenza molto grande. Questi uomini, venuti con
l’ex presidente Djotodia, hanno cominciato a saccheggiare, a violentare le donne,
a rubare nei magazzini, nei mercati e anche negli uffici del Paese. Questo ha provocato
grande insicurezza e molta paura nella gente.
D. – E’ difficile, quindi, credere
al presidente ad interim, che ieri ha rassicurato: “L’anarchia nel Paese è
finita”, rivolgendosi sia ai guerriglieri musulmani che alle milizie cristiane...
R.
– Credo che sia troppo presto per confermarlo. Anche se l’ex presidente Djotodia è
partito, i suoi uomini, cioè la Seleka – si parla di 25 mila persone arrivate dal
Ciad, dal Sudan, con qualche centrafricano – sono ancora nel Paese e sono armati.
D. – Sappiamo dell’impegno della Chiesa, perché il conflitto non si radicalizzi
in un conflitto interreligioso...
R. – Giustamente, grazie a Dio, abbiamo una
Chiesa con vescovi che hanno preso in mano veramente questa situazione. In questo
momento, la diocesi di Bossangoa e la diocesi di Bangui, sono quelle che stanno soffrendo
di più. E allora i nostri vescovi hanno denunciato alle persone che potevano aiutarci
questa violenza enorme, cui stiamo assistendo in questo momento. Mi dispiace che la
comunità internazionale e le persone che potevano aiutarci due o tre mesi fa non abbiano
dato valore a queste voci. In questo mese, doveva esserci una riunione dei vescovi
in Centrafrica, ma non c’è stata. Loro però hanno preparato un messaggio bellissimo,
per invitare tutti i cristiani alla riconciliazione, al perdono e alla pace. Non si
può costruire un Paese con questa violenza.
D. – Quindi, la presenza delle
forze internazionali – sappiamo che ci sono forze dell’Onu, forze francesi – è stata,
possiamo dire, inutile dal punto di vista del contrasto delle violenze?
R.
– No, non posso dire che siano state inutili. Credo che se queste forze non ci fossero
state sarebbe stato ancora peggio. Può darsi che loro dovessero prendere in mano prima
la situazione. In questi giorni, nei quartieri si vedono tanti militari e noi ringraziamo
perché queste forze oggi sono qui.
D. – Che cosa sperare per il prossimo futuro?
Nuove elezioni al più presto?
R. – Sappiamo che oggi in parlamento hanno iniziato
le consultazioni con i rappresentanti dei partiti e della società civile, per organizzare,
preparare una lista di possibili candidati. La gente quindi aspetta un segno visibile
che dia sicurezza, per tornare a casa.