Battesimo figlia coppia sposata solo civilmente: la Chiesa non è una dogana
Don Giorgio Mazzanti, sacerdote diocesano a Firenze, docente di teologia sacramentaria
presso la Pontificia Università Urbaniana "Battezzare
la figlia di una coppia sposata solo civilmente, come ha fatto Papa Francesco domenica
12 gennaio , non è una novità, né per quanto riguarda l'atteggiamento pastorale di
Jorge Mario Bergoglio, né per la vita della Chiesa. E' noto che già da cardinale,
il futuro Papa Francesco, aveva battezzato figli di coppie non sposate in Chiesa.
Il Papa dimostra di conoscere benissimo la teologia e la dottrina, ma allo stesso
tempo vuole essere aperto al desiderio, all'esigenza delle persone, come a quello
di questa coppia sposata solo civilmente. Mi sembra che in fondo il Papa riconosca
che anche un semplice matrimonio umano è già qualcosa di grande. Lo stesso Giovanni
Paolo II parlava del matrimonio umano come sacramento primordiale, originario. Quindi
c'è una valenza sacra e religiosa già in un matrimonio civile che deve però arrivare
alla pienezza.
Nella 'Evangelii gaudium' il Papa scrive che 'tutti possono
partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale e nemmeno le porte dei Sacramenti
si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi'. In fondo il gesto compiuto nella
Sistina concretizza questa affermazione. In fondo, la cosa importante, è permettere
a ogni persona di trovare una porta aperta che la introduca al mistero. Penso che
il Papa intuisca benissimo che la Chiesa - e qui uso una sua immagine - 'non può fare
da dogana'. Deve invece permettere alle persone di incontrare Gesù Cristo che è il
vero Salvatore. La Chiesa è funzionale a Gesù Cristo. Per cui Francesco è stato
attento alla spinta presente nel cuore di queste persone, a questo desiderio iniziale.
Intuisce che anche se non sono ancora compiute e realizzate, dal punto della fede,
c'è in loro un desiderio che li muove. Non si può quindi impedirgli di incontrare
Cristo. Con ciò non credo che il Papa voglia annullare il cammino normale dei sacramenti
nella vita della Chiesa. Credo anzi che colga benissimo i senso della profezia di
Isaia - nella liturgia della Parola di domenica scorsa - che ci invita a non spegnere
lo stoppino che fa fatica a prendere fuoco, a non spezzare la canna incrinata.
Credo
inoltre che, a questo proposito, sia completamente assente in Papa Bergoglio il desiderio
di trionfalismo, di proselitismo, e cioè di fare numero celebrando un battesimo. Qui
c'è l'attenzione al desiderio delle persone. Nella sua idea di Chiesa come 'ospedale
da campo' Francesco è convinto - come dichiarò da cardinale in un'intervista - che
'i sacramenti sono per la vita degli uomini e delle donne così come sono'. Non
vuole umiliare la prassi sacramentaria normale ma vivere questa attenzione alle situazioni
particolari. In generale possiamo dire che, anche se accade, un sacerdote non potrebbe
rifiutarsi di amministrare un sacramento. I sacramenti sono per le persone. Un sacerdote
non può arrogarsi il potere discriminante di decidere o meno. Deve valutare se ci
siano le condizioni per così dire minime iniziali e però non può negare in assoluto
il dono del sacramento alle persone che lo chiedono. E' chiaro che è tenuto a un minimo
di discernimento, non si può amministrare un sacramento a caso, al primo venuto. Ma
dove viene espresso un desiderio sincero e la volontà di riceverlo, bisogna saper
cogliere questa richiesta di vivere nel profondo il mistero del sacramento. Nella
mia esperienza di pastore ho imparato che rispondere di no, per principio, a chi richiede
un sacramento, l'irrigidimento iniziale, non serve a nulla. E' necessario stabilire
un dialogo, far cadere certe barriere giuridiche, per consentire, per esempio, a una
coppia di aprirsi al mistero. Alla fine è proprio un gesto di maternità da parte della
chiesa e di paternità da parte di un sacerdote. E la madre e il padre si adattano
alla situazione dei figli. E' quella che si chiama 'condiscendenza', l'attenzione
premurosa". (Intervista a cura di Fabio Colagrande)