2014-01-14 14:30:03

Battesimo figlia coppia sposata solo civilmente: la Chiesa non è una dogana


Don Giorgio Mazzanti, sacerdote diocesano a Firenze, docente di teologia sacramentaria
presso la Pontificia Università Urbaniana
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"Battezzare la figlia di una coppia sposata solo civilmente, come ha fatto Papa Francesco domenica 12 gennaio , non è una novità, né per quanto riguarda l'atteggiamento pastorale di Jorge Mario Bergoglio, né per la vita della Chiesa. E' noto che già da cardinale, il futuro Papa Francesco, aveva battezzato figli di coppie non sposate in Chiesa. Il Papa dimostra di conoscere benissimo la teologia e la dottrina, ma allo stesso tempo vuole essere aperto al desiderio, all'esigenza delle persone, come a quello di questa coppia sposata solo civilmente. Mi sembra che in fondo il Papa riconosca che anche un semplice matrimonio umano è già qualcosa di grande. Lo stesso Giovanni Paolo II parlava del matrimonio umano come sacramento primordiale, originario. Quindi c'è una valenza sacra e religiosa già in un matrimonio civile che deve però arrivare alla pienezza.

Nella 'Evangelii gaudium' il Papa scrive che 'tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi'. In fondo il gesto compiuto nella Sistina concretizza questa affermazione. In fondo, la cosa importante, è permettere a ogni persona di trovare una porta aperta che la introduca al mistero. Penso che il Papa intuisca benissimo che la Chiesa - e qui uso una sua immagine - 'non può fare da dogana'. Deve invece permettere alle persone di incontrare Gesù Cristo che è il vero Salvatore. La Chiesa è funzionale a Gesù Cristo. Per cui Francesco è stato attento alla spinta presente nel cuore di queste persone, a questo desiderio iniziale. Intuisce che anche se non sono ancora compiute e realizzate, dal punto della fede, c'è in loro un desiderio che li muove. Non si può quindi impedirgli di incontrare Cristo. Con ciò non credo che il Papa voglia annullare il cammino normale dei sacramenti nella vita della Chiesa. Credo anzi che colga benissimo i senso della profezia di Isaia - nella liturgia della Parola di domenica scorsa - che ci invita a non spegnere lo stoppino che fa fatica a prendere fuoco, a non spezzare la canna incrinata.

Credo inoltre che, a questo proposito, sia completamente assente in Papa Bergoglio il desiderio di trionfalismo, di proselitismo, e cioè di fare numero celebrando un battesimo. Qui c'è l'attenzione al desiderio delle persone. Nella sua idea di Chiesa come 'ospedale da campo' Francesco è convinto - come dichiarò da cardinale in un'intervista - che 'i sacramenti sono per la vita degli uomini e delle donne così come sono'. Non vuole umiliare la prassi sacramentaria normale ma vivere questa attenzione alle situazioni particolari. In generale possiamo dire che, anche se accade, un sacerdote non potrebbe rifiutarsi di amministrare un sacramento. I sacramenti sono per le persone. Un sacerdote non può arrogarsi il potere discriminante di decidere o meno. Deve valutare se ci siano le condizioni per così dire minime iniziali e però non può negare in assoluto il dono del sacramento alle persone che lo chiedono. E' chiaro che è tenuto a un minimo di discernimento, non si può amministrare un sacramento a caso, al primo venuto. Ma dove viene espresso un desiderio sincero e la volontà di riceverlo, bisogna saper cogliere questa richiesta di vivere nel profondo il mistero del sacramento. Nella mia esperienza di pastore ho imparato che rispondere di no, per principio, a chi richiede un sacramento, l'irrigidimento iniziale, non serve a nulla. E' necessario stabilire un dialogo, far cadere certe barriere giuridiche, per consentire, per esempio, a una coppia di aprirsi al mistero. Alla fine è proprio un gesto di maternità da parte della chiesa e di paternità da parte di un sacerdote. E la madre e il padre si adattano alla situazione dei figli. E' quella che si chiama 'condiscendenza', l'attenzione premurosa". (Intervista a cura di Fabio Colagrande)









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